Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Dai frati ai palazzi con la camicia «Siamo all’asciutto, ecco perché»
Vasche, martinetti e guaine protettive: «La tecnologia ha salvato i nostri edifici»
VENEZIA Messaggio dei frati di San Francesco della Vigna del 14 novembre, il metro e ottantasette dell’acqua altissima passato da due giorni. «Molte persone ci hanno contattato per avere notizie sulla biblioteca... Rassicuriamo tutti che da noi è andata abbastanza bene: il sistema di pompe realizzato negli anni Ottanta in convento per far fronte all’acqua alta ha funzionato bene, per cui abbiamo dovuto contrastare solo delle inevitabili infiltrazioni. Neanche la chiesa ha avuto problemi particolari. Lo stesso dicasi della biblioteca: il sistema di contenimento dell’acqua alta ha retto bene e non ci sono state infiltrazioni».
Venezia inerme alla devastazione delle acque e l’unica difesa della città, le miliardarie paratoie del Mose, bloccata sotto il pelo della laguna da burocrazia, ritardi e tangenti varie. La fotografia è incontestabile ma c’è anche altro. Piccole luci, neppure così rare, accese da protezioni che, invece, hanno funzionato abbastanza bene, bene e qualche volta benissimo. Un «fai da te» contro l’acqua alta lungo decenni, che ha toccato tanti edifici, pubblici come privati. Tecniche diverse, più o meno evolute ed efficaci, generalmente costose ma comunque indispensabili, tant’è che, in qualche caso, hanno salvato tesori senza prezzo. Sono tali i libri secolari conservati a San Francesco della Vigna, nella biblioteca che raccoglie il patrimonio veneto della Provincia di Sant’Antonio dei Frati Minori. «Il convento spiega Elena Boaga, bibliotecaria - è difeso da una vasca di contenimento delle acque realizzata negli anni Ottanta. La biblioteca è stata ristrutturata dieci anni fa. In quel frangente è stata messa in opera una seconda vasca». L’acqua che sale viene catturata dalla vasca; il riempimento attiva le pompe idrauliche, che espellono la materia liquida. «In due chiostri del convento l’acqua è salita dal pozzetto, ma solo la notte della grande piena e con disagi limitati». Infiltrazioni? «Zero», chiude Elena.
Non è andata altrettanto bene alla Casa dei sette camini, in fondamenta Tron. Abitazione popolare eretta nel Settecento, tra ‘95 e ‘96 è stata profondamente ristrutturata. Con nuove fondazioni e speciali martinetti idraulici, l’edificio è stato sollevato di 40 centimetri, per 15 milioni di spesa. «Martedì scorso il primo piano è andato sotto - dice Antonella Maione, architetto che abita proprio di fronte -. Trenta, forse quaranta centimetri d’acqua». Ramses, il sistema informatico per la manutenzione di Venezia, indica per la Casa un’altimetria di 119 centimetri. Per salire al pavimento del primo piano mancano due scalini: 30 centimetri. Ancora ieri, in strada c’erano elettrodomestici, letti e mobili ad asciugare, ma che sarebbe capitato senza lo «zoccolo» guadagnato a tempo debito? E a San Trovaso, se il liceo Marco Polo non fosse stato alzato di 90 centimetri già nell’80? A Venezia, negli anni, avevano pensato di allungare le gambe anche a Palazzo dei Camerlenghi,
sede della Corte dei Conti, e alla chiesa di San Moisè. Era il 2010 e l’idea fu bocciata dall’allora sovrintendete ai Beni architettonici: «Come sollevare un cristallo di boemia con una gru», stroncò Renata Codello.
L’ultima frontiera con Giorgio
Renier, project manager per i cantieri veneziani della trevigiana Setten Genesio spa: «Realizziamo strutture in calcestruzzo con guaine che hanno una caratteristica tecnica specifica: a contatto con l’acqua si gonfiano e fanno da guarnizione. L’acqua, quando sale, filtra e si infila dappertutto. Ma se si crea una “camicia interna”, l’infiltrazione si può evitare. Chiude la protezione un sistema di paratie alle porte d’ingresso». Setten costruisce in acqua. Ha consolidato, tra gli altri, il ponte di Rialto, e in laguna ha lavorato in quaranta cantieri, quattro tutt’ora aperti. Chiese, nobili palazzi, edifici pubblici e molti hotel hanno la «camicia» a prova d’acqua. Verifica a campione: «L’acqua ci ha sfiorato col picco massimo ma non è entrata, anche perché siamo in uno dei punti più alti della città», dice Verbiana Nardo, direttrice dell’AC Hotel, di piazzale Roma. Infiltrazioni? «Nessuna». Il sestriere di San Polo è più basso e, dalla corte, l’acqua a quota 187 ha invaso hall e primo piano del nuovissimo Veneto Hotel, varato l’11 gennaio scorso. Infiltrazioni, invece? «Nessuna». La camicia è buona ma non può tutto.