Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Goldoni, esplode la rabbia dei cittadini «Quarant’anni senza alcuna risposta»
In 800 al dibattito sul voto. Le ragioni del No sommerse da urla e fischi
VENEZIA Teatro Goldoni, dibattito sul referendum per la separazione del prossimo 1 dicembre: va in scena la rabbia dei veneziani. Le ragioni del Sì e del No sulle quali si sono confrontati Marco Sitran (Venezia Mestre due grandi città), Deborah Espositi (Comitato MuoverSì), Giorgio Dodi (segretario comunale del Pd) e Roberto Marangio (Segretario federale del PCI Venezia Treviso) – moderate dal giornalista Luigi Bacialli - sono state sepolte dall’esasperazione dei cittadini, tra urla, fischi, applausi, per la pressione turistica, la mancanza di case, la fatica della peggior settimana di acqua alta, il Mose non finito. Un grido di rabbia e protesta che si è riversato contro l’amministrazione Brugnaro e contro quarant’anni di governi della città che non hanno dato risposte. Sul banco degli imputati di un Goldoni zeppo di 800 persone (c’è chi non è riuscito a entrare) tutte le classi politiche succedutesi. Tanto che per i sostenitori dell’unità del Comune è stato difficile anche riuscire a concludere un intervento senza subire lo stop a suono di grida di parte del pubblico. Il sipario si è alzato con la lettura da parte dello scrittore Antonio Scurati (favorevole al Sì) di un brano tratto dal suo «La seconda mezzanotte» (Bompiani), un’immagine post-apocalittica di una Venezia sommersa dal mare e dal fango, venduta ai cinesi per farla rinascere come Disneyland. Scurati ha invitato a non cadere nell’astensionismo. Poi il dibattito. Per Mestre interviene Espositi: «Il Sì è per dare un futuro a questo brutto anatroccolo, Venezia e Mestre sono due città basta guardarle dall’altro, è il momento di avere coraggio, non si capisce perché la stessa medicina che ha fallito — l’unità — debba funzionare adesso». Per Venezia, secondo i sostenitori del Sì, l’unica salvezza è l’ottenimento dello statuto speciale, possibile solo con la divisione. «Un pensiero illusorio — lo ha definito Dodi — perché non esistono casi simili in Italia». Dice Sitran: «Lo statuto speciale è l’unica possibilità per attrarre con la leva fiscale nuove imprese e residenti, un piano casa. Il Trattato di Lisbona prevede questa possibilità». Applausi, dalla platea si alza Marco Gasparinetti del Gruppo 25 Aprile: «L’unica certezza è che assieme a Mestre non sarà mai concesso a Venezia lo statuto speciale». Giorgio Dodi torna alla carica: «Né Comune né Regione hanno fatto uno studio serio su quali potrebbero essere i conflitti tra i due Comuni in caso di separazione. Mestre e Venezia hanno molti problemi che si sono acuiti perché non sono stati affrontati. Oggi all’amministrazione manca un progetto di città. La soluzione non è la separazione ma un ritorno di potere alle Municipalità come le deleghe ai lavori pubblici con un proprio budget. Comunque vadano le cose invito tutti dal 2 dicembre a lavorare assieme». Replica Sitran, in un boato di applausi: «Il Pd ha sgovernato la città negli ultimi 20 anni, ora ha la formula magica delle municipalità, per risolvere i problemi servono poteri forti che solo due
Comuni possono avere». Marangio tenta la carta dei conti: «Di fronte a una situazione disastrosa non si può fare politica come un gioco d’azzardo, va fatta un’analisi costi e benefici, per ora i vantaggi della separazione sono solo ipotesi». Dal pubblico si alza Stefano Zecchi: «Più quelli del No parlano e più sembra che dicano che è meglio votare Sì, il Pd in passato si schierò per la divisione a patto di vedere la nascita della Città metropolitana». Replica Dodi: «Il punto è che i problemi non si risolvono separandosi». E Marangio: «Va cambiata la classe politica non l’assetto istituzionale». A difendere la separazione in platea anche la storica Nelli Vanzan Marchini: «Mestre e Venezia hanno la dignità di due città, oggi la globalizzazione appiattisce tutto invece le specificità sono un valore da difendere».
"Sitran (Sì) Divisi è l’unica strada provare con lo Statuto speciale
Dodi (No) I problemi si sono acuiti perché non sono stati affrontati