Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’industria frena ma turismo, appalti, e costruzioni aiutano a sostenere il Pil
VENEZIA (f.n.) Veneto, l’industria rallenta in parallelo all’export. Ma appalti, costruzioni e turismo danno una mano a tener su la produzione di ricchezza. Gli investimenti dei Comuni, dopo lo sblocco del patto di stabilità, che salgono nei primi nove mesi del 23%, a 520 milioni di euro, è quelli totali degli enti territoriali, su fino alla Regione, del 16%, a 764 milioni. E poi le costruzioni, che dopo la depressione degli ultimi anni vedono almeno un segno di ripresa «modesto ma significativo», +0,7% tra fatturato e ordini nel primo semestre, mentre le compravendite immobiliari salgono dell’1,4%. Al pari delle presenze turistiche, +1,9% fino a fine luglio, non solo nelle città d’arte, +ma anche sul litorale, nonostante la ripresa della concorrenza sulle destinazioni internazionali; e insieme cresce del 4% la spesa turistica. Effetti anticiclici rilevanti sulla tenuta della ricchezza prodotta dal Veneto, di fronte al calo dell’industria. È il quadro dell’economia del veneto che si avvia a fine anno, secondo la Banca d’italia che ha presentato ieri a Venezia l’aggiornamento dei dati sul 2019.
Anno caratterizzato dall’ulteriore frenata dell’industria, che in Veneto vale un quarto del Pil. «L’andamento della manifattura è debole, ai minimi da quattro anni, legato alla riduzione del commercio mondiale», dice Emanuele Alagna, da settembre direttore della sede di Venezia. Pur se anche nell’industria gli indici restano positivi. «Il +1,1% d’export nel primo semestre (+3,3% nel 2018, ndr) resta positivo, di fronte ai dati di sintesi del commercio mondiale in calo da tre trimestri», dice Paolo Chiades, coordinatore della ricerca. Così come resta positivo l’indicatore «Venice» costruito da Bankitalia che misura la dinamica di fondo dell’economia regionale, che prefigura un Pil veneto in crescita anche nel 2019, sia pure se di poco sopra lo zero e in «calo significativo» tra maggio e giugno. Ma gli indici di crescita marciano a ritmi dimezzati rispetto al 2018: +1,6% per la produzione industriale, rispetto al +3,2% di un anno fa, mentre «l’indagine prefigura una stagnazione degli ordini tra fine anno e i primi mesi del 2020 - si legge nel rapporto - e segnala che la fase di espansione degli investimenti, in atto dal 2014» si è interrotta nel 2019. Ma almeno le imprese, pur con utili in contrazione, affrontano la fase d’incertezza con «patrimoni e strutture finanziarie più solide rispetto a dieci anni fa» dice Alagna e il 68% dichiara di chiudere il 2019 in utile, dato sugli stessi livelli pre-2007i; e l’occupazione, trainata dai servizi, aumenta: il tasso di disoccupazione scende al 5,9% dal 6,4% del 2018. «I rischi maggiori vengono dalla Germania - avverte Chiades -, se il quadro peggiorasse dopo il -0,7% nell’export del primo semestre».