Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Ho adottato tre bimbi orfani di femminicidio»
Marianna uccisa dal marito. Il «dopo» dei suoi piccoli
Paola Giulianelli Calì è mamma adottiva di tre bimbi orfani di femminicidio. Della mancanza di sostegno per questi casi parlerà domani a Padova all’incontro «Orfani speciali, vittime invisibili».
PADOVA Sono 865 le donne vittime di femminicidio dal 2000 a oggi, 70 solo nel 2019. E duemila gli orfani di femminicidio. Bambini «invisibili» per lo Stato e per la legge. Ancora in attesa dei 5 milioni della legge 4 dell’11 gennaio 2018, prevista per sostenere «gli orfani di crimini domestici». Senza i decreti attuativi è tutto bloccato. Quei duemila bambini che hanno necessità di assistenza medica e psicologica, orientamento e sostegno a scuola e nell’inserimento al lavoro, al momento non hanno avuto nulla. Niente decreti attuativi, nemmeno un centesimo agli orfani e alle famiglie affidatarie adottive.
Un dramma nel dramma, di cui, con l’avvicinarsi della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, parlerà domani a Padova Paola Giulianelli Calì, nel convegno «Orfani speciali, vittime invisibili», organizzato dalla De Leo Fund. Paola è mamma adottiva di tre bambini, figli della cugina del marito Carmelo, Marianna Manduca. Caso emblematico quello di Marianna, ammazzata dal marito a coltellate, dopo dodici denunce presentate contro di lui, in cui aveva documentato botte, appostamenti e minacce continue di morte.
Sono rimasti tre bambini orfani, di 6, 5 e 3 anni. Paola e il marito sono stati la nuova famiglia pronta ad accoglierli, anche se avevano già tre figli, il più piccolo di otto mesi.
Com’erano i bambini quando sono arrivati a casa vostra, dopo il femminicidio della madre?
«E’ stata molto dura - rivela Paola Giulianelli Calì - praticamente ci è esplosa una bomba in casa. I piccoli sono arrivati con l’irruenza dei selvaggi, erano molto traumatizzati. E ci mettevano continuamente alla prova. Anche integrarsi con i nostri figli non è stato facile...Marianna, la loro mamma, era cugina di mio marito. Viveva in Sicilia, ma lì non c’era nessuno disposto ad accoglierli, così li hanno mandati da noi a Senigallia».
Come siete riusciti a gestire 6 bambini senza aiuti economici dallo Stato? Lei lavora?
«Il Comune di Senigallia ci ha aiutati. Io ho dovuto lasciare il lavoro, era impossibile seguire tutti i bambini. Poco tempo dopo l’azienda dove lavorava mio marito ha chiuso Ci siamo trovati a vivere in sette con 500 euro al mese... Ma abbiamo superato anche quel periodo».
I bambini cosa raccontano di quello che hanno vissuto?
«All’inizio raccontavano tanti episodi terribili della vita con il padre, prima che lui uccidesse la madre. Era tossicodipendente, li teneva nella più totale incuria. Racconti dell’orrore. Portavano con loro tante angosce, con il tempo hanno preferito cancellare la loro vita precedente, rimuoverla. Non vogliono parlare della madre. Credo il dolore sia troppo forte».
Sulla vostra storia la Rai ha girato il film «I nostri figli», in prima serata su Raiuno, i ragazzi l’hanno visto?
«Sì. I bambini hanno voluto venire su set, dare indicazioni sulla loro vita. Credo sia stato
terapeutico. Gli interpreti del film sono Vanessa Incontrada e Giorgio Pasotti».
Come avete vissuto il percorso di adozione?
«Ci siamo sentiti abbandonati. E’ stato tutto un rimbalzare di responsabilità. Di fatto, i soldi promessi dal Fondo per gli orfani di femminicidi non sono mai arrivati. I figli delle donne vittime di femminicidio restano invisibili. Ci sono tante storie di nonni che hanno adottato i nipoti, hanno speso tutto per mantenerli. E non hanno i soldi per pagare gli psicologi, con i bambini che non dormono la notte per angoscia e incubi».
Avete fatto ricorso contro lo Stato perchè Marianna non è stata protetta: uccisa dopo 12 denunce, una al mese. E avete vinto.
«Sì. Ci hanno dato un risarcimento. Lo Stato ha riconosciuto la sua responsabilità. E abbiamo fondato l’associazione «Insieme a Marianna», con cui cerchiamo di educare le nuove generazioni, facciamo formazione nelle scuole».
Cosa può fermare i femminicidi?
«Vanno educati gli uomini. Fin da piccoli. Va cambiata la cultura. La missione mia e di mio marito è fare formazione nelle scuole, parlare con i ragazzi. Il corso con esperti che portiamo in classe, prevede anche un elaborato dei ragazzi, video, interviste, articoli, in cui possano esprimersi contro la violenza».