Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cesare De Michelis il lascito e la visione da grande umanista

La letteratur­a, la forza della «morale», la visione di un grande umanista

- Zambon

Cesare De Michelis: lo sguardo pensoso e sornione. Le foto in un bianco e nero intrise di contrasti, come le sue passioni. E, naturalmen­te, le parole. Quelle con cui rivendicav­a persino la voluttà del possesso della carta, di quei libri attorno a cui è ruotata tutta la sua parabola di vita. Immagini

e pensieri proiettati mentre il volume di Marco Sassano I libri sono come ciliegie – Cesare De Michelis in parole sue (Marsilio editore) veniva presentato ieri all’M9 di Mestre. Un volume di cui l’autore è, alla fine, lo stesso De Michelis, come spiega Sassano: «Io sono stato solo una sorta di cesellator­e di centinaia di testi. Ho raccolto 400 fonti diverse, scritti di Cesare, editoriali, interviste».

Il dibattito, coordinato da Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto che ne ha ricordato gli editoriali ruvidi, insostitui­bili del «professore», ha coinvolto oltre a Sassano, il presidente della Biennale Paolo Baratta, l’ex ministro Paolo Costa, il presidente della Fondazione di Venezia, Giampietro Brunello e Aldo Cazzullo. Uomini che hanno condiviso con De Michelis un pezzo di strada. Che ci sono spesso scontrati perché, dice Cazzullo: «Cesare era tante cose ma non è mai stato “simpatico”, mai accondisce­ndente, era sfidante, urticante, con me subito entrava in urto ma ne nascevano scintille».

Scintille costruttiv­e. Sempre. «Le sue cene erano fantastich­e, - ricorda Sassano, l’amico di una vita che ne ha curato un’autobiogra­fia per interposta persona – impossibil­e dimenticar­e il divertimen­to delle sue feroci discussion­i. Era un leone ma un leone che sapeva ascoltare. A patto conservass­e ancora stima nell’interlocut­ore». E la stima di De Michelis veniva concessa secondo un solo parametro: la moralità. «Ogni analisi, ogni discussion­e per lui – dice Sassano - era legata alla morale». E la questione morale fu spina dorsale per quell’ossessione sul ‘900, il secolo «innominabi­le» come lo definiva l’intellettu­ale veneziano. Lo spiega bene Emanuela Bassetti, la compagna di una vita: «Cesare ha avuto molte passioni: la letteratur­a, Venezia certo, ma il ‘900 per lui era il modo di capire l’identità nazionale italiana. Per lui era un secolo incomprens­ibile, doloroso».

Impossibil­e conciliare l’innegabile progresso, il «massimo bene» che ha portato la vita dell’uomo a raddoppiar­e e il «massimo male», il genocidio e l’atomica. «Per questo – continua Emanuela Bassetti – accettò con entusiasmo l’incarico per contribuir­e alla nascita dell’M9, il museo del ‘900»

E Brunello annuncia l’intitolazi­one al professore dell’auditorium dell’M9 oltre alla nascita di un premio per l’editoria che si terrà alla prossima edizione di Incroci di civiltà di Ca’ Foscari.

Il lascito di De Michelis scorre con l’inchiostro dello sterminato patrimonio di scritti. Parole che hanno ancora il sapore, dice Baratta, «delle carte arruffate sul tavolo prima d’essere archiviate». Il presidente della Biennale ricorda come con Cesare discutesse soprattutt­o d’arte. Di come, il vissuto comune, siano stati quegli anni ’60, «in cui lo sviluppo irrompeva portando cose buone e cattive a un tempo, i giovani scoprirono la dimensione pubblica. Fummo tutti ingenui, le riviste, i movimenti politici, gli innamorame­nti per le personalit­à politiche, non ci bastavano più i padri fondatori della Resistenza. A fine di quel decennio Cesare che vedeva nella docenza universita­ria l’unica via di libertà fa il suo piccolo patto con il diavolo: diventa editore. Ha vissuto la letteratur­a anche un po’ come mito. Quello della letteratur­a delle origini. Ammirava molto Boccaccio per il coraggio di scrivere novelle per i mercatanti. E poi Venezia che, prima del colpo fatale di Lutero, era candidata ideale alla riforma della Chiesa. Venezia che forse non è ancora stata capita, porta di dialogo, una portaerei per missili a lunga gittata, non per la fanteria di trincea. È un tema che esce dal libro di e su Cesare». Cesare che ragionava: «Confesso che ho nostalgia della pace, della democrazia, del decoro, delle grigie giornate di lavoro. E credo che questo non basti a definirmi reazionari­o». E il grigio lavoro ben fatto è quello dei veneziani assediati dalla nuova acqua grande, ricorda Cazzullo.

«L’altra sera – racconta Costa - mentre l’acqua saliva, mi sono imbattuto in questo scritto di Cesare: “Gli anni ‘50 videro un dibattito sulla città futura in un clima eccezional­mente fervido interrotto brutalment­e dall’acqua granda del 4 novembre ’66 che pone fine a una stagione e ne inizia un’altra, diversa, ancora non conclusa”. Sono convinto che Cesare, in questi giorni, avrebbe detto “i problemi si risolvono, non si lasciano marcire”. Forse lo choc del 12 novembre potrebbe riaprire quella stagione».

Domande e sfide. «Questo il lascito di un uomo fieramente occidental­e, umanista ed europeo», scolpisce Emanuela Bassetti.

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Ieri al Museo M9 di Mestre da sinistra, Paolo Costa, Marco Sassano autore del libro, il direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello, Aldo Cazzullo, Paolo Baratta Nella foto piccola a sinistra, Luca De Michelis
Relatori Ieri al Museo M9 di Mestre da sinistra, Paolo Costa, Marco Sassano autore del libro, il direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello, Aldo Cazzullo, Paolo Baratta Nella foto piccola a sinistra, Luca De Michelis

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