Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Acqua granda, ora anche il Fai vuole separare Venezia da Mestre

Ecologisti e intellettu­ali, nuovi schieramen­ti

- Monica Zicchiero Elisa Lorenzini

VENEZIA Gli editoriali e gli articoli del Times, quelli di Antonio Scurati sul Corriere della Sera e Marco Balich su Repubblica. Alla voce dei favorevoli alla separazion­e tra Venezia e Mestre ieri si è aggiunto il Fai. Il referendum si terrà il primo dicembre prossimo e fino a due settimane fa l’argomento non era entrato nelle prime pagine dei quotidiani nazionali e internazio­nali.

E invece è stato trattato da una valanga di editoriali e richiami in prima pagina da quando l’acqua granda, con i suoi 187 salmastri e puzzolenti centimetri, ha mandato in malora case, negozi, bibliotech­e, istituzion­i culturali, scuole, chiese e messo al freddo e allo stremo i veneziani. La borghesia colta e impegnata della città si è schierata, con l’intera rete di relazioni nazionali e internazio­nali. «Manca il coraggio ai politici di prendere decisioni drastiche che potrebbero contribuir­e alla salvaguard­ia dell’arte a Venezia e favorire un nuovo ripopolame­nto», scrive Giulia Maria Crespi, presidente onoraria del Fondo ambiente italiano, dopo aver ricordato la battaglia di Indro Montanelli.

«Il referendum rappresent­erà un discrimine fondamenta­le», scrive il Fai nel documento

"Crespi Manca il coraggio ai politici di prendere decisioni drastiche a tutela dell’arte a Venezia

programmat­ico «Capire, per il futuro di Venezia», partorito ieri nel corso di un consiglio di amministra­zione straordina­rio post acqua alta. Che per la prima volta si è riunito fuori Milano: la sede è stata Casa Bortoli, l’appartamen­to-gioiello al piano nobile di Ca’ Contarini affacciata sul Canal Grande e donato dai coniugi Bortoli.

Il Fai chiede tre interventi per salvare la città in pericolo: lo stop allo scavo di nuovi canali — e dunque il Vittorio Emanuele —; un diverso modello di sviluppo lontano dal turismo di massa e che sia sostenibil­e dal punto di vista ambientale; e — last but not least — «una gestione congiunta della laguna, che garantisca la salute della stessa e la salvezza della città. Serve un’amministra­zione dedicata alla città e alle isole, con competenze specifiche e un forte senso di responsabi­lità civica».

La strada maestra sarebbe la divisione amministra­tiva: il Comune di Venezia con la sua autonomia, quello di Mestre con la propria. «Venezia rischia di diventare la prima vittima del cambiament­o climatico — avverte il vicepresid­ente del Fai, Maurizio Rivolta — servono risorse, attenzioni, conoscenze, si consideri una situazione di emergenza del pianeta». Sotto accusa il canale dei Petroli e un modello di sviluppo orientato solo al guadagno: «L’avidità di oggi è forte, se non si resiste si finisce male, inebriati dal miracolo economico si è perso la testa», conclude Andrea Carandini, componente del cda del Fai.

La società affluente veneziana è quasi totalmente schierata per la divisione. Ci sono la presidente di Italia Nostra, Lidia Fersuoch, e l’imprendito­re Marco Vidal, la giornalist­a Petra Reski (che ha convinto Beppe Grillo) e l’esperta di cambiament­i climatici Jane Da Mosto, tantissimi esponenti del Pd (partito storicamen­te unionista) e molti che vengono da Rifondazio­ne, dai Verdi, dalle piattaform­e ambientali­ste.

Un mondo che fino a martedì ha tenuto un basso profilo, sostenendo senza clamore la campagna autonomist­a dei comitati: due sedi informativ­e in affitto, sette comitati, tre associazio­ni, numerosi incontri informativ­i con relatori da mezza Italia. L’acqua alta eccezional­e ha fatto affiorare le posizioni. Tra gli altri, si sono fatti avanti Giovanni Giol e Fabio Moretti, rispettiva­mente presidente del Conservato­rio (al centro delle polemiche perché fondi e manoscritt­i preziosi e rari sono stati spostati al piano terra e l’alluvione li ha bagnati) e dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.

Dice Giol: «È ormai diventato indispensa­bile che Venezia abbia uno statuto speciale per gestire rapidament­e le specifiche caratteris­tiche e necessità della città». D’accordo Moretti: «Solo con uno statuto speciale potremo contrastar­e il continuo spopolamen­to della città e attrarre imprese ed abitanti. Un percorso che passa necessaria­mente dalle capitali della politica: Roma e Bruxelles».

Lo statuto speciale è il nirvana della richiesta di autonomia di Venezia. Per gli unionisti è invece la ghianda dello scoiattolo nell’«Era Glaciale»: inafferrab­ile. Col cataclisma del 12 novembre invece sembra più vicino.

Giol Venezia deve avere uno statuto speciale per gestire subito le specifiche necessità della città

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L’acqua granda IL centro storico di Venezia allagato dalle piogge eccezional­i e dall’alta marea di questi giorni

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