Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mose, il ritorno in piazza «Basta soldi alle dighe» Rispunta il porto off-shore
Corteo domenica. Bettin: urgente riaprire il tema dell’alternativa
VENEZIA La grande muraglia mobile del Mose ferma e inattiva sotto il fondale nel momento della burrasca con l’acqua alta eccezionale, ha riaperto il dibattito dei contrari. Fino a ieri messi a tacere dall’argomento che ormai l’opera è al 93% (ma c’è chi dice anche 95), gli argomenti contrari trovano conferma nell’attualità. Uno per tutti: le paratoie la scorsa settimana sarebbero state alzate troppe ore di seguito, impedendo il ricambio d’acqua e d’ossigeno in laguna. In vista del Comitatone del 26 novembre che dovrà dare attuazione alla mozione unitaria votata martedì alla Camera affinché il Mose sia completato entro fine 2021, si moltiplicano le iniziative per chiedere invece una sospensione di finanziamenti e lavori. La prima è domani alle 17 alla Scoletta dei Calegheri organizzata dall’Ecoistituto Alex Langer e farà il punto su tutto ciò che è utile fare adesso per dissipare le acque alte: alzare la quota delle bocche di porto, riprendere lo scavo dei rii e la manutenzione morfologica della laguna, rialzare intere insule con iniezioni nel sottosuolo, potenziare il Centro Maree. Il giorno dopo c’è l’assemblea cittadina, alle 17 a San Leonardo convocata da No Mose e dai ragazzi dei Fridays for Future. «Sui social abbiamo 5mila partecipanti virtuali, quantomeno segnala un interesse imponente della città a ritrovarsi e discutere - dice Marco Baravalle del Comitato No Grandi Navi – Venezia è dentro una crisi climatica e il Mose non può essere la risposta. Chiediamo la moratoria: non un euro in più vada sprecato e si utilizzino le risorse per la manutenzione ordinaria, il ripristino della morfologia lagunare e altri interventi più utili e duraturi». Domenica alle 14 il mondo ambientalista tornerà a manifestare dopo tanti anni contro il Mose, con un corteo alle 14 da campo Santa Margherita a Santo Stefano. Il concetto della discussione è che, nell’attesa che tra due anni sia finita la grande opera, la città non può stare ad aspettare altre inondazioni eccezionali. «E che facciamo? Ci prepariamo a subire un’altra notte come quella di martedì? Ma anche no», scandisce la professoressa Andreina Zitelli, già componente della commissione Via nazionale che bocciò il Mose. «La prima cosa da fare subito è ridurre la profondità della bocca di porto del Lido con strutture autoaffondanti, anche stagionali, in modo che si dimezzi il fondale nella parte addossata a San Nicolò». Meno fondale, meno afflusso di acqua, è il concetto: con l’Adriatico che secondo diverse proiezioni salirà di mezzo metro da qui a vent’anni, la variabile messa in conto dalla commissione di esperti internazionali nominata dal governo Prodi è diventata attualità prima del previsto. Le vie d’acqua per le navi da crociera, canale dei Petroli e Mose vengono considerate le autostrade che hanno portato da 12 a 64 le acque alte annue sopra il metro. Una teoria che il presidente del Porto Pino Musolino ha bollato come «luogo comune» dicendo: «Non c’è alcuna incidenza tra il transito delle grandi navi da crociera e l’acqua alta». Gli ambientalisti invece chiedono di estromettere le grandi navi dalla laguna. La terza è riconsiderare l’ipotesi del porto off-shore per le navi commerciali. «O salviamo l’economia o salviamo Venezia - riassume Gianfranco Bettin – Il problema di sprofondamento del fondale alle bocche di porto rende urgente riprendere il tema del porto off shore commerciale». Era stato bocciato perché costa. «Ma non è che, se non conviene, allora dobbiamo scassare la laguna di Venezia», riflette Zitelli.