Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Dorme dall’amico e non si sveglia: morto a 17 anni
Il pensionato veronese ha concluso la 100 chilometri
Ha detto che andava a dormire da un amico e con lui ha passato la serata a San Donà di Piave. All’indomani l’amico non è più riuscito a svegliarlo. Così è morto, a soli 17 anni, un ragazzo nato in Italia da genitori magrebini. Nello zainetto aveva degli psicofarmaci che secondo gli inquirenti potrebbe aver assunto per sballare.
VERONA «Lo sente?». Walter Fagnani gonfia il petto e allarga le braccia. Ha i capelli grigi, il fisico asciutto. «Lo sente il senso di libertà che entra dentro e libera la testa da tutte le preoccupazioni, dallo stress…».
Via Biondella è la stradina che da Borgo Venezia, uno dei quartieri di Verona, s’arrampica sulle colline delle Torricelle. La percorre a passo spedito, col bastone da passeggio e vestito di tutto punto: camicia, maglione e pantaloni di tela. «Le scarpe da ginnastica e i calzoncini li uso solo per i tragitti lunghi, come le maratone», spiega. Ma per lui, questa è soltanto una passeggiata. Il suo piccolo allenamento quotidiano.
Walter Fagnani è nato a Verona il 17 settembre del 1924. Ha fatto l’autista durante la Seconda Guerra Mondiale e, dopo l’Armistizio, è sfuggito ai fascisti che volevano costringerlo ad arruolarsi nelle fila dell’esercito repubblichino. Poi ha trovato lavoro alle Poste e contemporaneamente s’è dedicato alla sua passione: lo sport. Prima la bicicletta, con la quale da ragazzo percorreva decine di chilometri per incontrare Lorena, che avrebbe sposato nel 1949 e che, dopo avergli dato quattro figli, ancora oggi gli sta accanto. Poi, compiuti i quarant’anni, ha scoperto quanto può essere bello correre all’aria aperta. Nel 1972 la sua prima maratona e già l’anno seguente eccolo affrontare la Cento chilometri del Passatore: da Firenze a Faenza, attraverso il saliscendi dell’appennino ToscoEmiliano. Una competizione podistica che gli è rimasta nel cuore: «Da allora ho partecipato a più di cento tra maratone e ultramaratone: ne facevo anche cinque all’anno. Ma la mia preferita resta sempre quella del Passatore: ne ho affrontate oltre quaranta edizioni», racconta Fagnani. Non lo dice tanto per vantarsi: anche a maggio di quest’anno, alla veneranda età di 94 anni e 8 mesi, ha percorso tutti e cento i chilometri che separano il centro di Firenze dal traguardo. Gli ci sono volute 18 ore, 15 minuti e 34 secondi, e una media di 5,5 chilometri all’ora. Ma ce l’ha fatta anche stavolta.
«Il mio segreto è non arrivare mai primo. So dosare le forze, senza esagerare: corro solo se me la sento. Altrimenti, cammino. L’agonismo non mi interessa, la gara la faccio solo su me stesso: godo della fatica, il premio che cerco sono le emozioni che si provano attraversando i boschi e i paesi di questa nostra bella Italia». Parla di sé e delle sue ultramaratone («Mi liberano la testa: dopo aver fatto cento chilometri a piedi, anche i problemi quotidiani sembrano più piccoli») e intanto l’allenamento quotidiano lo porta a costeggiare un uliveto e poi le torri costruite dagli austriaci nell’Ottocento e un boschetto che finisce per ricollegarsi con la strada asfaltata che sale dal centro di Verona. Un anello lungo una dozzina di chilometri. «Fino a 90 anni, la mattina, facevo il giro dell’intera città. Ma ora mi ci vorrebbe troppo tempo e a mezzogiorno c’è da preparare il pranzo a Lorena, che alla sua età non ci vede più… Quindi mi limito ad andare a comprare il giornale, mi fermo a leggerlo al circolo anziani e poi parto per queste passeggiate immerso nella Natura».
L’Università di Verona da tempo sta studiando il fisico di questo arzillo vecchietto per carpirne i segreti. La ricerca è guidata dal dottor Cantor Tarperi, del Dipartimento di
Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, che è giunto a queste conclusioni: «Il fisico di Walter ha le stesse caratteristiche dei suoi coetanei e le sue massime capacità aerobiche sono di poco superiori agli standard della sua età». E allora, la «pozione magica» non può essere che la perseveranza: «Fagnani ha unito un buono stile di vita a una corretta e costante attività fisica, e questo mix ha permesso al suo organismo di affrontare al meglio il passare degli anni».
Il percorso sulle Torricelle è quasi concluso, alternando tratti di camminata veloce ad altri di corsa. Ma l’ex impiegato delle Poste scuote la testa: «Con ogni probabilità, quella di sei mesi fa è stata la mia ultima ultramaratona», confida. «A 95 anni, si è come neonati: bastano pochi mesi e il fisico reagisce agli stimoli in modo completamente nuovo. Nel mio caso, non può che peggiorare. E anche se nel 2020 mi sentissi in perfetta forma, impiegherei troppo tempo per percorrere il tragitto, rischiando di mettere in difficoltà gli organizzatori».
In lontananza già si scorge la sua abitazione e all’improvviso Fagnani smette perfino di avere il fiatone. Sorride beato. «Dopo qualche chilometro il corpo reagisce alla fatica e vince l’affanno», spiega. «Ecco, è in quel preciso momento che si raggiunge la serenità».
"Fagnani Correndo i problemi sembrano più piccoli