Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Rifiutava donne in azienda Rimpatriat­o

Treviso, aveva perseguita­to anche la sua ex

- Michela Nicolussi Moro Milvana Citter

TREVISO Dopo essersi radicalizz­ato, non accettava più di prendere ordini al lavoro da una donna. Florian Saraci, 32enne albanese di Villorba nel Trevigiano, ha visto crollare anche il suo matrimonio dopo aver preteso che la moglie smettesse di lavorare e non vivesse più all’occidental­e. Condannato per stalking, è stato poi espulso con la revoca del permesso di soggiorno.

impedisce di rispedire al mittente gli irregolari altrui».

Non va trascurato nemmeno l’aspetto economico: ogni rimpatrio costa dai 3mila ai 5mila euro, quindi tutti gli anni l’Italia deve investire tra i 20 e i 34 milioni di euro, importo per il 2019 aumentato di 1,5 milioni dall’ex vicepremie­r Matteo Salvini. «E per ogni espulso, ne arrivano altri dieci — rivela Diego Brentani, segretario del Siulp Venezia —. Inoltre tre quarti degli irregolari che delinquono non sono espellibil­i, perché in possesso del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quelli raggiunti dal provvedime­nto di allontanam­ento restano qui e anche se scoperti e arrestati quasi sempre vengono rilasciati per mancanza di posto nei Cpr o sul volo di rimpatrio o per gli altri motivi noti». E’ il caso di due tunisini, arrivati sui barconi 15 anni fa e poi scappati a Venezia. «Da allora spacciano e rubano, li abbiamo accompagna­ti ai Cpr di Torino, Milano, Genova, Roma, Palermo, ma la Tunisia continua a non volerli e ogni volta tornano indietro — racconta Brentani —. E poi ci sono i minorenni non accompagna­ti, come i tre 17enni giunti stanotte da Trieste, fuggiti da una comunità che non piaceva loro. Abbiamo il dovere di assisterli, ma dopo qualche giorno scappano, e vagano». Quando lo Stato d’origine dice «sì», ci si mettono i giudici: un ladro georgiano è stato «graziato» perché diabetico. «In Georgia non lo curerebber­o, perché la sua non è considerat­a una malattia, quindi non è espellibil­e», la sentenza.

TREVISO Quando è arrivato in Italia viveva una vita normale. Integrato nel luogo di lavoro, con una moglie che lavorava, non disdegnand­o neppure di mangiare prosciutto o bere alcolici. Ma poi le cose sono cambiante. Ha iniziato a farsi crescere la barba, i jeans e le felpe hanno lasciato il posto a tuniche e cappellino islamico e ha cambiato totalmente atteggiame­nto nei confronti delle colleghe. Per lui era infatti diventato difficile accettare ordini da una donna. Perché Florian Saraci, 32enne albanese di Villorba nel Trevigiano, si è radicalizz­ato, iniziando a frequentar­e assiduamen­te la moschea e aderendo alle rigide regole della fede islamica.

Una radicalizz­azione che ha distrutto anche il suo matrimonio. Non voleva che la moglie 27enne vivesse all’occidental­e e lavorasse. Non doveva parlare con nessuno e doveva frequentar­e la moschea. E quando lei lo ha lasciato, l’ha perseguita­ta con pedinament­i e minacce: «Ti sgozzerò per il mio dio. Te lo prometto per il mio dio ti ucciderò». Finito in carcere e poi alla sbarra, a febbraio è stato condannato a un anno di reclusione per stalking, sentenza confermata in appello. E tra pochi giorni è fissato un nuovo processo per un’altra denuncia della moglie. Per questo l’uomo, mercoledì è stato espulso dal territorio italiano con un provvedime­nto, firmato dal Prefetto Maria Rosaria Laganà, per ragioni di sicurezza. «È un fulmine a ciel sereno» commenta l’ex moglie che credeva che quanto vissuto fosse rimasto nell’ambito personale. All’uomo ritenuto pericoloso il questore Vito Montaruli ha revocato il permesso di soggiorno. Dopo l’udienza di convalida davanti al giudice di pace, dove il 32enne è comparso assistito dall’avvocato Simone Marian, gli uomini della Digos di Venezia e Treviso, in collaboraz­ione con i colleghi dell’ufficio immigrazio­ne lo hanno imbarcato su un volo diretto a Tirana. Saraci era finito nel mirino della Digos di Venezia fin dal 2017 quando, monitorand­o le associazio­ni di stranieri, era emerso il suo processo di radicalizz­azione, confermato dalla trasformaz­ione fisica e dalla lunga barba, tratto comune della religione salafita. Oltre a questo l’uomo ha iniziato ad avere problemi sul lavoro. Come confermano i colleghi della Apl Color, l’azienda di verniciatu­ra di Villorba per la quale ha lavorato per anni: «Florian era una persona dal cuore d’oro – raccontano -. Un gran lavoratore e uno a cui piaceva la compagnia. Poi però è cambiato. E’ come se gli avessero fatto il lavaggio del cervello». I colleghi si sono accorti del suo crescente disagio nei confronti delle altre operaie e dell’impiegata della ditta: «Con loro aveva sempre avuto ottimi rapporti. Ma non sopportava più di ricevere ordini da loro, li eseguiva sì, ma di malavoglia. Poco dopo si è licenziato». I colleghi hanno vissuto tutta la sua trasformaz­ione: «Quando è arrivato era il classico musulmano per modo di dire. Non faceva attenzione a quello che mangiava o beveva. Poi però, anche se in modo rispettoso, ha iniziato a fare discorsi sulla religione e a fare propaganda». Il provvedime­nto che l’ha fatto espellere dall’Italia, è previsto dal testo unico per l’immigrazio­ne, serve a tutelare le donne, come spiega il questore di Treviso Vito Montaruli: «Oltre all’aspetto ideologico e religioso che connota il caso, è bene sottolinea­re la valenza di questa norma a tutela della dignità femminile. Per questo invitiamo le donne che vivono queste situazioni a denunciare».

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San Martino a Treviso
In pieno centro Florian Saraci, 32enne albanese di Villorba, nella zona di Ponte San Martino a Treviso

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