Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Licenziato dirigente del Fisco sotto inchiesta Il giudice lo reintegra: «Era troppo»
Finì agli arresti, riavrà la sua scrivania e pure gli stipendi arretrati
VENEZIA Il primo processo è in corso di fronte al tribunale di Venezia e deve rispondere di traffico illecito di influenze. C’è poi un’inchiesta bis in cui è accusato di induzione indebita perché avrebbe aiutato l’ex collega Elio Borrelli nel tentativo di far assumere un’amica presso la Cattolica Assicurazioni in cambio di un rallentamento della pratica di verifica fiscale. Ma per il giudice del lavoro Anna Menegazzo, Christian David – ex direttore del settore controlli e riscossione e poi dell’Ufficio grandi contribuenti dell’Agenzia delle Entrate del Veneto, arrestato il 16 giugno 2017 con l’accusa di far parte della «cricca» del fisco – non doveva essere licenziato. Il provvedimento è stato troppo pesante e dunque ora l’Agenzia dovrà non solo riassumerlo, ma anche pagargli 15 mensilità: quelle trascorse dal 26 luglio 2018, quando gli vennero revocati gli arresti domiciliari (prima, essendo detenuto, era sospeso dal servizio e dallo stipendio), a oggi.
L’inchiesta aveva portato il pm di Venezia Stefano Ancilotto e la Guardia di Finanza a scoperchiare un sistema di corruzione per ridurre le sanzioni fiscali alle aziende che davano soldi e regali ai pubblici funzionari. Inizialmente David era accusato di tre episodi di corruzione: il primo riguardava la verifica alla Baggio Trasporti, per ammorbidire la quale avrebbe ricevuto cene e regali; gli altri due il gruppo Cattolica, perché quando Borrelli era stato spostato sarebbe entrato in campo l’ex colonnello della Finanza Vincenzo Corrado, il quale gli aveva promesso un orologio Rolex. Ma due settimane dopo l’arresto il tribunale del riesame aveva ridisegnato le accuse, spiegando che non c’era prova di tangenti per l’episodio di Baggio e per il Cattolica-bis, confermando invece l’accusa di corruzione per l’episodio con Borrelli. E proprio su questo filone il gip Roberta Marchiori aveva rimandato gli atti in procura per il più grave reato di induzione indebita, ritenendo che quegli «stop&go» legati ai favori fossero un reato più grave: i due pubblici funzionari avrebbero esercitato una certa costrizione nei confronti di alcuni dirigenti di Cattolica.
Il giudice del lavoro non nega che i comportamenti di David siano stati gravi. «Si è senz’altro reso responsabile di condotte disciplinarmente
I motivi Per il giudice «non doveva farlo», ma le sue spifferate erano poco utili
rilevanti, posto che avrebbe dovuto sottrarsi ai tentativi di intromissione di soggetti esterni (in particolare Corrado e Borrelli) nell’attività di verifica», scrive. Però poi ricorda che avrebbe «ceduto» solo in questi due episodi, che i soggetti che gli avevano chiesto un interessamento avevano dei ruoli istituzionali, che non ci sono stati atti contrari ai doveri d’ufficio, che le informazioni «spifferate» erano di «scarsa utilità» e che non aveva precedenti disciplinari. «Non si tratta di condotte atte a determinare l’irreversibile venire meno del rapporto fiduciario», scrive Menegazzo, ricordando che la violazione di segreto è sanzionabile solo con una pena pecuniaria, mentre «condotte comportanti un grave danno all’Amministrazione» con una sospensione fino a 6 mesi. David quindi potrà tornare in ufficio e recuperare 15 stipendi: essendo però stato un dirigente solo «a tempo» (scadeva un anno fa), rientrerà da «soldato semplice».