Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Associazione a delinquere, i comitati: inchiesta anche su Bpvi
Dopo l’esito in Veneto Banca, pronto l’esposto a Vicenza. In tremila a Bassano per i rimborsi
BASSANO Ex popolari, dopo la svolta in Veneto Banca i comitati presentano una denuncia per mettere in moto l’inchiesta di associazione a delinquere per truffa anche in Popolare di Vicenza. Il passaggio era ovvio, dopo la decisione con cui la procura di Treviso ha chiuso le indagini sul secondo filone d’inchiesta. Mettendo l’ex ad, Vincenzo Consoli, e altri cinque dirigenti al centro di una rete che, secondo l’accusa, era finalizzata a piazzare in maniera truffaldina (la procura parla di almeno duemila casi per 107 milioni di euro) le azioni dell’ex popolare a prezzi gonfiati. Il passo è stato ufficializzato, ieri, al palasport di Bassano, davanti a oltre tremila persone, nell’assemblea dell’associazione «Noi che credevamo nella Bpvi», capitanata da Luigi Ugone, affiancato dal Coordinamento Don Torta di Andrea Arman. Assemblea che «sdogana», dopo mesi di dura opposizione, la presentazione delle richieste di rimborso al Fondo indennizzo azioni, scongelando le prime 1.500 domande già pronte.
Ma il prologo della giornata va alle questioni giudiziarie, in scia a Treviso. Su cui nei prossimi giorni l’avvocato Francesco Ternullo, uno dei legali a cui è collegata l’associazione, tornerà alla carica su Bpvi, presentando un esposto-denuncia in procura a Vicenza che chiede un’indagine-fotocopia a quella giunta al termine a Treviso su Veneto Banca. «I fatti sono gli stessi - dice senza tanti termini Ternullo -. Non c’è motivo perché le cose non vadano trattate allo stesso modo». Spiegazione puntuale di quanto viene annunciato dal parquet del palasport: «Treviso ha ravvisato una truffa generalizzata, cosa che avrebbe dovuto fare anche Vicenza», dice Arman, annunciando la denuncia in arrivo.
In un palasport ancora pieno, segno che la questione delle azioni azzerate e dei rimborsi è tutt’altro che archiviata. Così come non mancano i politici in prima fila, specie leghisti. Perché tremila persone sono tante, soprattutto se in primavera si vota alle regionali. Ugone salva il governatore Luca Zaia: «In tanti dicono che non ha fatto niente. Ma ha messo a disposizione i soldi per costituirsi parte civile. Ditemi chi altro l’ha fatto». Certo, il clima è tutto diverso dall’assemblea dello scorso anno a Vicenza, il 9 febbraio, con i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ugone fa capire che il filo rosso con i due è stato decisivo: «Hanno messo il loro peso politico per smussare gli angoli nella trattativa».
E racconta l’aneddoto della telefonata con Salvini e Di Maio che bloccò il testo del decreto legge con l’ultima versione corretta del Fondo, lo scorso aprile, dopo la trattativa con l’Europa. Il 5 aprile il premier, Giuseppe Conte, convoca le associazioni con il ministro del Tesoro, Tria, sul nuovo decreto. Ma Ugone e Arman si mettono di traverso sui tetti di reddito e patrimonio. Conte tira dritto e porta il testo in consiglio dei ministri il giorno dopo. «Ricevo una telefonata da Salvini e Di Maio - racconta Ugone -. Erano in consiglio dei ministri dove avevano bloccato il provvedimento e mi passano Conte. ‘Lei si rende conto che sta bloccando un consiglio dei ministri?’, mi dice. ‘E lei si rende conto che sta facendo un danno alla mia gente?’, gli replico.‘Ma sentite come mi sta rispondendo?’ dice lui agli altri due. ‘Se non ascoltiamo chi riempie le piazze e i palasport abbiamo sbagliato tutto’, gli rispondono. Poco dopo mi manda un sms un giornalista sotto Palazzo Chigi: è successo qualcosa, Tria se n’è andato inc...».
Certo, lo schema finale del rimborso del 30% con tetto a centomila euro è una mezza delusione. Ugone non lo nasconde ma rivendica comunque l’esito: «Siamo arrivati dove dicevano non saremmo mai giunti. Il rimborso c’è, tanto o poco che sia. E quei soldi sono nostri, perché lo Stato ha cancellato il diritto di far causa con il decreto di liquidazione». Così, dopo il braccio di ferro con Consap sui malfunzionamenti della piattaforma per presentare le domande, anche dalle associazioni più dure arriva il via libera a presentare le richieste. Nonostante non tutto sia risolto: «Intesa è in ritardo di 90 giorni oltre i 30 concessi per rendere disponibili i documenti», dice l’avvocato Andrea Filippin. «La Consap sta lavorando male. Ma questo non ci può fermare dal far le domande. Quel miliardo e mezzo deve tornare nelle tasche di chi si era fidato delle banche - aggiunge Ugone -. Le domande vanno presentate entro il 18 aprile. Anche senza documenti. Chiediamo i soldi».
Le associazioni puntano soprattutto sulla delibera che individua le tipizzazioni, i casi tipici di violazione massiva degli obblighi di diligenza delle banche, che permettono ora di presentare le domande anche per chi supera i tetti di reddito, 35 mila euro, di e patrimonio, centomila. «Noi che credevamo» annuncia che metterà sul proprio sito documenti-tipo, come il comunicato di Banca d’Italia del 27 ottobre 2015, che chiariva quanto fatto su Bpvi, utile per rientrare nella tipizzazione sui prezzi delle azioni. Oltre a un team di esperti a prezzi «politici». La partita rimborsi entra nella fase finale