Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Dai preti innamorati alle orge in parrocchia Tutti i casi che hanno imbarazzat­o la Curia

- Michela Nicolussi Moro

PADOVA Il caso di don Marino Ruggero è solo l’ultimo di una lunga serie che ha creato non pochi grattacapi alla Diocesi di Padova. Le prime storie venute allo scoperto, tra il 2004 e il 2007, furono quelle dei «preti innamorati», cioè don Federico Bollettin di Tencarola, don Fabiano Prevedello di Vigonza e don Sante Sguotti di Bagnoli, che hanno lasciato la tonaca per mettere su famiglia con le rispettive «fidanzate». Federico, uscito sua sponte dalla Chiesa inviando una lettera di dimissioni all’allora vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, nel 2004 si è sposato con Fidelia, una ragazza nigeriana conosciuta sulla strada. Nello stesso anno Fabiano rinunciò al ministero per Barbara, pediatra incontrata a Cittadella, dove lui era cappellano prima di passare a Cinto Euganeo come coparroco.

La coppia fu unita in matrimonio da don Giovanni Brusegan, per questo motivo richiamato da Mattiazzo e dopo qualche anno, ironia del destino, inviato nella parrocchia di

Monterosso (Abano) per risolvere «il caso Sguotti». Don Sante Sguotti, prima sospeso a divinis da Mattiazzo, poi scomunicat­o e infine ridotto allo stato laicale, nel 2007 andò a convivere con Tamara Vecil, quarantenn­e

problemi del clero.

Sollevò invece un polverone l’ex «don Rock» Paolo Spoladore, ora 59enne «esperto ricercator­e e tecnico del sistema percettivo» che tiene «corsi di formazione interiore» pagati fino a 12mila euro da migliaia di persone, ma fino al 2015 parroco di San Lazzaro. «Donpa», come lo chiamavano i parrocchia­ni, scriveva libri e canzoni, teneva concerti e incontri. Fino al 1999, quando una psicologa cinquanten­ne lo indicò come il padre del proprio figlio di 9 anni. Il Tribunale del minori certificò la paternità con il test del Dna, mentre «don Rock» gestiva il suo business attraverso la società «Usiogape». Anche per lui la Chiesa ha disposto la dimissione dallo stato clericale.

L’8 marzo 2018 è stato ridotto allo stato laicale pure il suo successore nella parrocchia di San Lazzaro, don Andrea Contin, denunciato da una fedele cinquanten­ne e madre di famiglia per minacce e lesioni aggravate anche dall’uso di coltello. L’indagine dei carabinier­i scoprì che il sacerdote, oltre ad avere rapporti sessuali con la donna, conditi da sex toys e pratiche sadomaso, la costringev­a ad averne con altri uomini, tra cui don Roberto Cavazzana, allora parroco di Carbonara di Rovolon. Lui, dopo un anno trascorso in una comunità religiosa, nel marzo 2019 è stato reintegrat­o nel servizio ministeria­le dal vescovo Claudio Cipolla. Contin invece ha patteggiat­o un anno di reclusione (pena sospesa) e 11.500 euro di risarcimen­to alla parrocchia­na che lo denunciò.

E’ finito in Tribunale pure don Armando Rizzioli, ex parroco di Due Carrare accusato di atti osceni in luogo pubblico e corruzione di minore, che il 4 novembre 2007, a 71 anni, patteggiò otto mesi. Il 19 luglio di quell’anno il sacerdote, in vacanza sul lago di Garda, girava in perizoma sulla spiaggia e fece autoerotis­mo davanti ad un bambino di 9 anni, il cui padre lo denunciò. Fu sospeso.

Nei guai infine l’ex parroco di Pontecorvo, don Silvio Caoduro, che nel 2008 chiese in prestito ai fedeli 80 mila euro e non li restituì. La Diocesi s’impegnò a ridare i soldi ai creditori e «pensionò» l’anziano prete.

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