Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Guerra delle telecamere al museo Arrivano gli ispettori del lavoro
PORTOGRUARO Tra i tanti gioielli che custodisce il Polo Museale del Veneto c’è anche il Museo Nazionale Concordiese, un fiore all’occhiello della città di Portogruaro dove fu aperto al pubblico il 28 ottobre 1888.
La sua collezione raccoglie quasi esclusivamente materiali provenienti dalla colonia di Iulia Concordia, rinvenuti in occasione di scoperte fortuite da parte dei «cavatori» di pietre, durante scavi archeologici regolari o come donazioni da parte di famiglie del luogo.
Tra i più antichi musei statali italiani, ha una sede a forma di basilica cristiana a tre navate, evocatrice della prima cristianità di Concordia. Pur ricevendo recensione entusiaste dai suoi visitatori, è ancora poco noto al grande pubblico e in questi giorni è balzato agli onori della cronaca per alcune telecamere di sicurezza che sarebbero state installate senza obbedire alla normativa vigente.
La vicenda ha avuto inizio nel giugno scorso, quando la Cisl FP di Venezia ha chiesto l’intervento dell’Ispettorato del lavoro per non essere stata informata dell’allacciamento degli impianti audiovisivi, «in particolare in merito all’obbligo di stipula di accordo con la rappresentanza sindacale», come si legge in una nota firmata dalla sigla lagunare. Nella prima ispezione effettuata nel luglio scorso, gli ispettori incaricati del sopralluogo avevano riscontrato delle irregolarità circa alcune telecamere posizionate in un ripostiglio affacciato sul canale. Ritenendo che «il luogo fosse sensibile per la sicurezza del museo», il direttore del Polo Daniele Ferrara non le ha tolte e, scaduti i termini per la messa a norma, mercoledì scorso gli ispettori si sono ripresentati per controllare. Il nodo della questione riguarderebbe il posizionamento degli strumenti audiovisivi collocati in una stanza adibita a spogliatoio dei dipendenti. La legge, infatti, vieta di sorvegliare le attività svolte dai lavoratori. «Si tratta di un locale che non viene usato come tale – specifica Ferrara – né dal personale, che non utilizza la divisa, né dagli addetti delle pulizie. Il mio compito è proteggere il museo e il sistema di sicurezza è stato finanziato dal Segretariato generale del Mibac».
Vicenda conclusa? Non proprio. Da quanto si è potuto apprendere, ora dovrebbe partire una denuncia alla Procura della Repubblica per non aver ottemperato agli obblighi, ma il direttore si dice fiducioso e sarebbe già in corso un dialogo con lo stesso Ispettorato del lavoro.