Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il giudice Carreri a sorpresa al palasport «Vi chiedo scusa a nome dello Stato»
BASSANO ( f.n.) «Vi chiedo scusa a nome dello Stato italiano». È il colpo di teatro finale, all’assemblea al palasport di Bassano. Succede quando Luigi Ugone, il leader di «Noi che credevamo nella Bpvi» chiama sul parquet il magistrato Cecilia Carreri. Il giudice per le indagini preliminari che nel 2002 si oppose all’archiviazione della prima inchiesta su Popolare di Vicenza, nata dai documenti dell’ispezione di Bankitalia del 2001. Scelta che apre ad un lungo calvario professionale, fino alle dimissioni. E alla richiesta, senza esito, di rientrare. Salvo che nel frattempo Bpvi è finita in liquidazione. E il caso Carreri solleva la domanda di cosa sarebbe potuto succedere, se si fosse indagato per tempo.
«Me la ricordo bene, quell’indagine - dice ora la Carreri, parlando, emozionata, a braccio -. La banca era del signor Zonin: faceva operazioni per sé e i suoi amici. Era già un sistema strutturato. Fa impressione esser qui oggi e spero capiate il travaglio di un magistrato che si trova a distanza di tanti anni ancora a discutere di una cosa che già allora era così. Di una banca che agiva già in maniera illegale».
Poi un accenno alla sua vicenda personale: «Quando lessi le carte, mi chiusi in casa tre giorni. Avevo paura, perché avevo intravisto cosa poteva uscire, con il procuratore (Antonio Fojadelli, ndr) che voleva archiviare tutto e poi finito a lavorare per Zonin. Ho avuto tutto un sistema contro di me». Scatta l’applauso che fa venir giù il palasport.
Carreri riprende: «Vi chiedo scusa, perché da servitore dello Stato in questi ultimi anni non ho potuto far nulla per voi. Ma mi hanno disarmato. Ed è terribile per un magistrato sentirsi disarmato, capire le cose e non poter intervenire. Per chi si sente un magistrato fino in fondo è un’esperienza angosciante».
E chiude sullo stesso timbro: «Vi chiedo scusa, perché lo Stato non mi ha consentito di darvi quel che meritavate. Lo ripeto sempre: il risarcimento lo dovevate avere da una sentenza di un tribunale e non da questi fondi di ristoro. Parlo da magistrato e sono indignata: i soldi li dovevate avere dai responsabili. Con una sentenza in nome del popolo italiano che fotografasse la realtà e contestasse i veri reati di questa vicenda. Questo dovevano avere le trecentomila vittime del crac dele banche venete. E questo per me, da magistrato, è motivo d’indignazione».
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Mi hanno disarmato Si doveva arrivare ad una sentenza che fotografasse i veri reati