Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Basilica, mini-Mose spento dai giorni dell’Acqua granda
Mancano le autorizzazioni per la manutenzione. Gestione non definita
VENEZIA E chi lo spiega al mondo intero, ferito dalle immagini della basilica di San Marco sott’acqua per giorni, che la chiesa in realtà, quando la marea non è eccezionale, può essere protetta ma non lo si può fare perché non ci sono le autorizzazioni per le manutenzioni del «mini-Mose» sotterraneo? Il sistema è delicato d’accordo, ma questa assomiglia molto a una triste storia all’italiana: per colpa della burocrazia tutto rimane fermo. L’unica cosa certa è che dal giorno prima dell’Acqua granda il sistema di valvole e pompe per tenere all’asciutto il nartece con maree mediobasse è stato spento per evitare conseguenze con l’alluvione e da allora non è stato più riattivato perché ha bisogno di essere pulito. Del resto nel sottosuolo finisce di tutto (piccoli rifiuti, carte di caramelle, plastica) e contribuisce a minare il funzionamento del sistema che permette di bloccare l’acqua in risalita dai cunicoli fino a 88 centimetri.
Il nartece (l’atrio della basilica) è il punto più basso in assoluto, con i suoi 64 centimetri sul livello del mare viene invaso dall’acqua alta in media 180 volte l’anno per novecento ore totali. Basti pensare che nei venti giorni seguenti l’acqua alta eccezionale del 12 novembre su 480 ore complessive, il nartece è rimasto allagato per la metà (243) con particolari danni ai pavimenti, ai marmi delle colonne, ma anche ai mosaici con l’acqua di risalita che presto si «trasforma» in sale evaporando, staccando le tessere. Il problema è che la manutenzione del «mini-Mose» è complessa e comporta dei mini cantieri in piazza San Marco. Bisogna cioè togliere i masegni in punti ben definiti e pulire i condotti sotterranei. Per poter intervenire però servono il nulla osta della Sovrintendenza e l’autorizzazione del Comune (che non sono ancora arrivati) oltre che una condizione di marea tale (inferiore a 50/60 centimetri) da permettere ai tecnici di poter lavorare all’asciutto. Queste settimane di marea minima sarebbero state perfette per fare i lavori, se ci fossero già stati i permessi. Il sistema ha bisogno di manutenzione ogni cento giorni ma così il rischio è che funzioni tre mesi, e debba rimanere fermo altrettanti, in attesa di permessi e marea bassa. Il Consorzio Venezia Nuova starebbe studiando delle soluzioni per poter bypassare i piccoli cantieri in Piazza. Sarebbe bastato intervenire come è stato fatto con la posa della fibra ottica, realizzando pozzetti ricoperti di pietra, ma la soprintendenza di Palazzo Ducale ha bocciato in partenza l’ipotesi perché l’impatto visivo — a San Marco — sarebbe stato eccessivo. Potrebbero essere però adottati dei piccoli interventi che permetterebbero ai tecnici di sollevare i masegni senza per questo dover aprire un cantiere. Sarebbe già un primo passo per bypassare anche l’attesa per il nulla osta della Sovrintendenza e l’autorizzazione di Ca’ Farsetti. Perché altrimenti il «mini-Mose» per la basilica per quale motivo è stato fatto?
Un altro tema è quello delle competenze: il progetto è stato regalato dalla Procuratoria di San Marco al Provveditorato alle opere pubbliche del Triveneto che ha assegnato i lavori ma non è stato ancora definito chi avrà il compito di gestirlo. Se da una parte il sistema di fatto funziona in automatico (le chiusure si attivano quando l’acqua supera un certo limite), dall’altra qualcuno dovrà pur avere la responsabilità di attivare comunque il «pulsante rosso», soprattutto in emergenza. Oggi la cabina di regia è stata realizzata all’interno del campanile, ma il sistema deve poter essere gestito anche in remoto. Cosa non ancora possibile, perché manca la cablatura, ma ancor prima il soggetto che se ne dovrà occupare. Il risultato? Tutto fermo.