Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il «partito» di don Marino: «Solo calunnie»
Duecento con il parroco cacciato dalla Curia. «Vogliamo che torni»
ALBIGNASEGO (PADOVA) Duecento fedeli hanno sfilato per le vie di Albignasego ieri sera per testimoniare la loro vicinanza a don Marino Ruggero, il parroco «cacciato» dalla Curia perché non avrebbe rispettato il vincolo del celibato. «Qui non è una questione di corna, ma di calunnie», dice un parrocchiano. In realtà si tratta di una questione di potere, le novità introdotte da don Marino gli hanno creato troppi nemici.
ALBIGNASEGO (PADOVA) Non è questione di fede e neanche di corna, sia pur di santissime corna. Le candele intanto, dove sono le candele? Qualche pia donna comincia a dubitare, «forse che bisognava portarsele?». Sono le sette di sera, la messa è finita ma non si va in pace, anzi: silenziosi sì, con la forza della volontà e il cuore ebbro, ma qui si va a dimostrare, qui si milita, in una parola, si va per un pubblico e solenne endorsement in favore di don Marino Ruggero, «il nostro parroco infangato», «il prete lasciato solo», «il sant’uomo che anche la curia ha abbandonato».
Mancano le candele. Da Lazzarini, che deve essere il ferramenta del paese, alle cinque di pomeriggio erano già finite, non se ne trovava più, duemila pezzi venduti che a dirla così sembra un atto di aggiotaggio più che un atto di fede.
Sono tutte della signora dietro al banchetto. Le tira fuori - candele attrezzate, con tanto di veletta antigoccia - le distribuisce con un simpatico sticker: grande cuore rosso in campo bianco: «Don Marino, ti aspettiamo».
La folla prende posizione, i vigili accendono le luci blu, finalmente si parte, un grande striscione in testa, duecento persone dietro, donne e uomini (più donne che uomini) ma anche bambini che don Marino ha cresimato e che genitori e zii schierano in prima fila.
Non per fede, né per dottrina. «Qui si tratta di difendere un uomo di chiesa che ha lavorato bene, che in due anni ha ripopolato questa parrocchia». Parla un signore di 48 anni, e parla come potrebbe farlo un militante di partito: «Da 48 anni vivo in questa parrocchia, don Marino e un prete 2.0, in due anni ha fatto gruppo, tirato fuori energie, in due anni ha ripopolato una parrocchia che era morta, ha fatto cose che nessuno aveva fatto, persino la sagra di paese è resuscitata sotto le sue cure,
Don Marino è uno che sa essere prete in chiesa e uomo fuori dalla chiesa».
Don Marino è sospettato di aver avuto rapporti non appropriati con una giovane signora del paese già accasata di suo anche se non benedetta dal vincolo matrimoniale con un noto professionista. Quest’ultimo, avrebbe scoperto la tresca, sicuro del fatto suo sostiene di averne le prove. La signora in questione nega, il professionista conferma, entrambi continuano a vivere insieme, ma intanto il vescovo ha dovuto allontanare il prete mettendone un altro al suo posto, per opportunità, col buonsenso: il ministro di dio insomma è stato allontanato come un qualsiasi magistrato per incompatibilità territoriale. Anche perché don Marino, prete 2.0, non se ne è stato certo tranquillo, ha replicato duro e con gli interessi, come farebbe un capo partito: ha parlato di interessi inconfessabili, di colleghi maneggioni, pedofili, roba da procura e infatti la procura se ne sta interessando.
Ecco che Albignasego è spaccata, scisma di paese e non di fede, secondo due partiti, il primo sostiene che il potere cristallizzato attorno al vecchio parroco si è ribellato al nuovo e gli ha fatto la guerra, con la calunnia e la maldicenza - è la tesi di chi portava la fiaccola, mentre per il secondo che non scende in piazza e non si esprime pubblicamente, non è detto che non ci sia del vero, forse, sotto sotto, qualcosa potrebbe esserci stato tra il prete bello 2.0 e la bella parrocchiana.
Al bar dove i pensionati giocano a carte, il partito dei colpevolisti sembra allagare i consensi: «All’inizio credevamo al prete, sembrava avesse ragione lui, ora l’aria è cambiata». A favore di don Marino
depone il curriculum; a sostenerlo sono venuti i fedeli di parrocchie lontane, da Laverda in provincia di Vicenza dove don Marino ha celebrato per dieci anni, dal 2007 ale 2017, da Villa di Teolo dove è stato al 2000 al 2005 e tutti a difendere don Marino, a dire che «la parrocchia di Villa di Teolo è in rovina da quando se ne è andato lui», che a Laverda prima che arrivasse lui i fedeli si odiavano con quelli di Mure e che «con lui era tornata l’armonia».
Il suo peccato? «Fare, e uno che fa, inevitabilmente, si guadagna l’odio di chi non fa niente». Don Marino è entrato in servizio nel novembre del 2018, prima di lui c’era don Carlo Daniele. Per quelli di candelora il paragone è imbarazzate. «Poi son venute le televisioni, la D’Urso che intervista quattro ubriaconi e su Pomeriggio cinque «siamo diventati un paese di sporcaccioni con il quale fare audience».
Contro questo, contro la Curia che non ha difeso abbastanza il loro prete e che, con la sospensione, l’ha colpevolizzato. «Saranno contenti con la figura del poco di buono che gli hanno fatto fare».
«Qui non c’è peccato di carne, c’è solo la calunnia e una sporca partita di potere. Lui aveva scoperchiato gli altarini, aveva dimostrato con i fatti come si ribalta una gestione opaca, abituata al potere. Succede come succede nei partiti e nei governi: chi sta in cima da troppo tempo dopo un po’ comincia a sentirsi signore padrone delle cose - è una signora che parla - si dimentica i motivi per cui era lì, pensa agli affari sue e se ne infischia della gente. Così è stato qui, così non deve essere né dobbiamo permettere».
«Le emozioni che ho provato io alla prima comunione di mio figlio vengono da lui e le racconto ancora». Ecco allora lo striscione di testa: «La perseveranza rende possibile l’impossibile».
"L’accusa Non è questione di corna, ma di potere