Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il falso deportato si difende: «Non è vero»
PADOVA Samuel Artale, ingegnere padovano di 83 anni, che all’anagrafe risulta chiamarsi Gaetano ed è nato a Cosenza e non a Rostock, in Germania, si difende: «Non è vero che sono un falso deportato».
PADOVA «Le accuse nei miei confronti? Tutto falso, ce l’hanno con me perché non rispetto il shabbat, perché ho sposato una donna cristiana e quando è morta l’ho fatta cremare, ecco perché tentano di screditarmi, ma io ad Auschwitz ci sono stato veramente». Non si arrende Samuel Artale (in realtà si chiama Gaetano), 83 anni, ingegnere padovano che dal 2005 viene ospitato nelle scuole e nei comuni per parlare di shoah, raccontando la sua storia di bambino ebreo deportato ad Auschwitz quando invece ci sono documenti che provano la sua totale estraneità al dramma delle deportazioni. Samuel Artale, che dice di essere nato a Rostock in Germania, è in realtà nato a Laino Borgo, un paesino in provincia di Cosenza, nel 1937. «Sono solo registrato lì – afferma caparbiamente – mi dovevo nascondere, anche gli islamici mi davano la caccia, io ero una persona fortemente esposta».
Artale ci riceve nel suo appartamento in un condominio della zona residenziale di Padova, sul tavolo del soggiorno ci sono due pc, molti appunti, qualche kippah (copricapo ebraico) e una menorah, il candelabro ebraico a sette bracci. La casa è arredata con gusto, nell’angolo del soggiorno c’è l’urna con le ceneri dell’amata moglie.
«In fondo a quelle scale, che danno al piano di sotto, ci sono tutti i miei documenti, che attestano che dico la verità, ma al momento sono senza segretaria e non glieli posso mostrare perché non riesco a scendere le scale– dice – sono molto triste perché oggi ho ricevuto molti messaggi di insulti».
Chiediamo di vederne qualcuno, insulti non ce ne sono, c’è invece il rammarico di molte persone che si sono sentite tradite. «Non so perché ti sei comportato in questo modo – gli scrive un certo “Pio Autista” – farai i conti con la tua coscienza».
«Ma io vado avanti perché sono un gigante, me la sono cavata in tante situazioni estreme, ho fatto anche il Marine negli Usa ma le missioni che ho compiuto sono coperte dal segreto», spiega l’anziano signore, che a vederlo così disperatamente attaccato alle sue convinzioni, sembra di stare di fronte a qualcuno che ha sposato la propria bugia.
Una bugia smentita non solo da Gadi Luzzato Voghera, direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, che aveva già raccolto materiale su Artale rilevando la mancanza di tracce della sua famiglia negli archivi di Rostock,
ma anche dall’assenza del nome del padovano dall’archivio internazionale dei perseguitati dal nazismo di Bad Arolsen.
Secondo Artale è una persecuzione che si ripete, per Luzzato Voghera le cose sono molto più semplici: «Non ce l’abbiamo con lui, ho più volte tentato di parlargli ma si rifiuta, quando ho visto che era ospite a Cessalto ho chiamato il vicesindaco avvisandolo che la persona non era affidabile, mi sono offerto di sostituirlo, sono andati avanti lo stesso». Domenica c’è un incontro a Meolo, che pare sia saltato, ma gli impegni in programma sono molti. «Mi dispiace per Artana – dice il sindaco di Cessalto Luciano Franzin – eppure è stato così commovente sentirlo che non mi sento di condannarlo». «C’è bisogno di verità – ribatte Luzzato -, non ci serve una “memoria spettacolo”, il ricordo deve essere autentico in tutti i sensi».
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Ce l’hanno con me perché ho sposato una cristiana e l’ho fatta cremare
Sono nato a Rostock ma sono stato registrato a Cosenza per sicurezza