Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Candidato, primarie, M5s: il Pd è spaccato
PADOVA Riuscirà il Pd a fare in otto-giorni-otto quel che non è riuscito a fare negli ultimi tre mesi (o negli ultimi cinque anni di opposizione a Zaia, se si dà retta ai più cattivi)?
Si vedrà, certo la mission contenuta nell’ordine del giorno proposto ieri sera dal segretario Alessandro Bisato alla direzione del partito (convocata «permanentemente»), suona impossible. Prevede, uno: di costruire la coalizione più ampia possibile delle forze democratiche, progressiste e ambientaliste, aprendosi a società civile e movimenti, leggasi «sardine» (ma Italia Viva, Azione e +Europa si sono già sganciate per tentare la «terza via»). Due: di insistere sull’alleanza col Movimento 5 Stelle, così da replicare a livello regionale l’accordo su cui si regge il governo nazionale, e questo nonostante il M5s seguiti a dire no, no e poi no, con l’isolata eccezione del ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà (l’exit strategy potrebbe essere un voto su Rousseau, come in Umbria, si è visto con quali conseguenze). Tre: individuare il candidato presidente «con la maggiore unità possibile», senza escludere le primarie.È chiaro che Bisato sta tentando fino all’ultimo di tenere tutti insieme, chi vuole il M5s e chi no, chi vuole le primarie e chi no, chi vuole spostare il baricentro a sinistra e chi no, ma siccome tutto non si può avere, siamo allo stallo, con ciò complicando ancor di più una situazione già di per sé tutt’altro che rosea. Prima o poi si dovrà pur decidere, anche se c’è chi fa notare che delle sei Regioni al voto, il Pd ha pronto il candidato in due soltanto, Toscana e Puglia, dove il contesto è particolarmente favorevole.
I dem sono spaccati a metà: da un lato ci sono i sostenitori del vicesindaco di Padova Arturo Lorenzoni, dello spostamento verso la sinistra movimentista e ambientalista, dell’alleanza con il M5s, del no alle primarie che a questo punto si dovrebbe celebrare troppo in là, a fine marzo. Il tempo di sicuro gioca a loro favore, come l’imprinting che sta dando al partito Zingaretti a livello nazionale, e loro rassicurano: «Lorenzoni è pronto a dar prova del suo moderatismo e per i consiglieri al secondo mandato è pronta la deroga per la ricandidatura». Dall’altro lato, ci sono invece i moderati, che puntano sul capogruppo Stefano Fracasso - ancora in pista -, ritengono possibili le primarie - convinti di vincerle - e rivendicano la leadership del Pd all’interno di una grande coalizione.
Come se ne uscirà? L’ottimismo è il profumo della vita e si vedrà se in otto giorni il Pd riuscirà a trovare la quadra, ma se si va avanti con i veti incrociati, lo showdown non potrà che avvenire con un voto in direzione. Il che significherebbe certificare la spaccatura del partito e chissà, magari aprire il campo, tra due litiganti, ad un terzo che goda.