Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’acqua alta sfonda i 93 milioni Danni, oltre settemila domande
Le richieste di privati e imprese. I problemi a chiese e canoniche, il conto corrente
La rincorsa è finita alla
VENEZIA mezzanotte di giovedì, settantanove giorni dopo l’acqua granda. Lavatrici, frigoriferi, cucine, armadi e camere da letto. Macchinari, attrezzature o tavoli da lavoro, il conto finale ha sfondato quota novanta, arrivando a toccare i 93 milioni complessivi di risarcimento danni. Tanti? Avrebbero potuto essere anche molti di più perché la marea eccezionale del 12 novembre, ha distrutto quello che si è trovata davanti, la notte stessa, ma anche lentamente nei giorni e nelle settimane successive. L’acqua è risalita dai muri, ne sa qualcosa la basilica di San Marco dove ancor oggi le tessere dei mosaici si staccano a causa del sale rimasto dopo l’evaporazione dell’acqua arrivata anche a dieci metri di altezza. I protocolli della Protezione civile però erano ferrei e il sindaco-commissario per l’emergenza, non ha potuto far altro che applicarli: risarcimenti solo per i danni nelle cucine e nelle camere da letto, tutto naturalmente rendicontato. Alla fine le domande sono state 7207, un numero decisamente inferiore rispetto alla prima stima di 10-15 mila. Qualcuno ha presentato richieste cumulative (condomini), altri hanno rinunciato perché non avevano pezze giustificative, altri ancora i danni subiti non rientravano tra quelli che sarebbero stati rimborsati.
Di danni ne hanno contati molti anche le chiese di Venezia ed isole. Pavimenti, tessere di mosaico, cornicioni, colonne o marmi, la Curia è arrivata a fare un bilancio di quasi un milione e quattrocento mila euro di interventi necessari per far fronte all'emergenza distribuiti tra una ottantina di edifici di culto e qualche canonica. Ma la stima dei danni cresce notevolmente se a questi si aggiungono le ripercussioni più importanti strutturali che coinvolgono un numero di chiese più contenuto, ma che è arrivata a 3,8 milioni, con Murano e Torcello indicate come i casi più gravi. Di più: il ministro ai Beni culturali Dario Franceschini nelle settimane successive all’acqua granda si era spinto a quantificare in settanta milioni i danni agli edifici di culto e ai palazzi vincolati di Venezia. Una spinta anche per la solidarietà: solo il conto corrente speciale istituito per l’emergenza dal Comune di Venezia ha superato i due milioni e duecento mila euro.
E dire che nel 2007 per l’alluvione di Mestre, solo per la terraferma erano arrivate seimila domande per una liquidazione complessiva di 16 milioni, a metà tra commissario e Comune. Le richieste protocollate fino a giovedì non sono state molte di più, ma quello che fa la differenza è l’importo totale, poco sopra i 93 milioni. La spinta maggiore è stata data dalle imprese che si sono trovate a combattere con i danni maggiori perdendo attrezzature necessarie per lavorare (in molti casi macchinari il cui valore è di diverse migliaia di euro). Fondamentale la distinzione tra lettera C ed E. Con la prima, i privati hanno avuto la possibilità di richiedere un rimborso fino a cinquemila euro mentre le imprese sono arrivate a 20 mila. La lettera «E» andava invece utilizzata per richiedere importi maggiori ma sarà il ministero — dopo aver esaminato le diverse domande — a decidere quale percentuale dell’importo verrà rimborsato.
Gli uffici del commissario per l’emergenza hanno quantificato richieste per oltre 45 milioni di lettera C e oltre 47 per la E.