Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Vittorio, Marisa, Leo la rosa e il silenzio «per non dimenticar­e»

- Camilla Gargioni

VENEZIA Una rosa rossa, il suono secco del martello, la posa della malta. Un minuto di silenzio. «Ricordare queste persone equivale a riportarle in vita», dice a voce alta Marco Borghi, direttore dell’Iveser (Istituto veneziano per la resistenza) durante la cerimonia di posa delle pietre d’inciampo di ieri mattina. Dodici pietre per un itinerario partito dal sestiere di San Marco e giunto, tra calli nascoste e campi, fino al Ghetto. Le prime due sono state posate in calle Bergamasch­i, una laterale rispetto a Calle XXI Marzo al civico 2313, in ricordo di Vittorio Coen Porto e della sorella Amelia Coen Porto Levi. La pietra di Vittorio è stata «adottata» (avrà il compito cioè di curarne la pulizia e la manutenzio­ne) dal medico e professore universita­rio padovano Maurizio Scarpa. «Non ho parenti che siano stati deportati, per me è un onore averne adottata una — commenta prima di ricordare la storia di Vittorio —. Nato a Venezia nel 1866, avvocato, venne arrestato con la sorella Amelia nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1943. Scarcerato, venne arrestato di nuovo, portato a Fossoli e poi ad Auschwitz, dove fu assassinat­o il 10 aprile 1944». La pietra del civico 5177 di Castello, è invece intitolata all’altro fratello Coen Porto, Augusto. «È il settimo anno che diamo vita alla cerimonia di posa delle pietre d’inciampo — ricorda Paolo Navarro Dina, consiglier­e della comunità ebraica di Venezia —. È un lavoro impegnativ­o, che portiamo avanti con il sostegno del Comune e il patrocinio del Consiglio d’Europa». Le sorelle Jesurum, Jole e Marisa, al civico 6222 a Castello sono state invece «adottate» dagli studenti del liceo Benedetti-Tommaseo. Poi a Cannaregio il ricordo di Giuseppe Jona, medico e presidente della Comunità ebraica di Venezia, morto suicida nel 1943 per non consegnare ai nazisti l’elenco dei cittadini ebrei rimasti in città e del piccolo Leo Mariani, la vittima più giovane della Shoah veneziana, deportato a soli due mesi. «È la cerimonia simbolo del mese della memoria, che restituisc­e identità, dignità, voce e anima ai cittadini deportati, affinché sia monito per le future generazion­i — conclude la presidente del consiglio comunale Ermelinda Damiano —. Con oggi abbiamo deposto altre 12 pietre, che si aggiungono alle 78 già posizionat­e in questi anni».

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