Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Viaggio nella Reyer La crisi è senza uscita

De Raffaele scuote il gruppo alla ricerca dell’identità vincente del passato «Adesso bisogna reagire» L’analisi delle criticità

- Di Matteo Valente

A guardare quello scudetto cucito sul petto i dubbi sorgono spontanei: dov’è finita la squadra campione d’Italia che nelle ultime tre stagioni ha dominato in Italia (due scudetti) e in Europa (una Fiba Europe Cup)? La Reyer 2019/2020 sembra sempre di più una lontana parente della formazione che ha fatto stropiccia­re gli occhi ai propri tifosi, regalando serate entrate di diritto negli annali del basket orogranata. E invece per stessa ammissione di coach Walter De Raffaele «qui c’è da farsi il culo, parlare poco, abbassarsi, difendere ed essere un po’ più umili». Elementi di quell’identità ricercata dall’inizio della stagione (trovata a sprazzi solo per qualche settimana) che il brutto ko con il Promitheas ha rimarcato. Da dove serve ripartire?

Il playmaker

Innanzitut­to dalla ricerca di un regista e di un leader, entrambi aspetti persi in estate con la partenza di MarQuez Haynes: la guardia americana è stato l’emblema in questi anni del gioco e del carattere della Reyer, e la sua è un’assenza che si fa sempre più pesante. Per il talento, ma anche per il senso di leadership che Haynes trasmettev­a al resto del gruppo. E pur non essendo un play puro, Haynes ha garantito al gioco della Reyer quella regia necessaria per gestire i ritmi indecifrab­ili che hanno portato Venezia tanto in alto. Ora invece soltanto De Nicolao ha dato la sensazione di avere tra le mani il volante della macchina veneziana, con buona pace di quell’Ariel Filloy che in questo suo ritorno a Venezia non ha lasciato fin qui un segno significat­ivo. Certo, c’è Stone, ma l’americano è un jolly che ben s’incastra in un meccanismo perfetto che ora non gira.

La leadership

La leadership lasciata da Haynes non ha trovato al momento ancora un degno successore. Chi avrebbe potuto coglierne il testimone era Austin Daye, ma il figlio di Darren continua ad essere ondivago come una fiamma scossa dal vento: alterna partite da mvp a prestazion­i inguardabi­li, figlie di un nervosismo quasi incomprens­ibile, che ha fatto riapparire i fantasmi della scorsa stagione quando Daye ha rischiato di uscire dal progetto. E in questa Reyer, come del resto a Milano e a Bologna, serve un giocatore a cui affidare i palloni pesanti e togliere le classiche castagne dal fuoco.

I guai di Tonut

Il tutto nella speranza che anche gli infortuni inizino a lasciare un po’ in pace l’ambiente lagunare e soprattutt­o quel Stefano Tonut che dopo i problemi alla schiena dell’anno scorso e l’esclusione dal

Mondiale, ha perso un po’ di smalto. Per contratto e talento è il giocatore a cui affidarsi per il presente e anche per il futuro, ma è necessario che recuperi la forma fisica fondamenta­le per confermars­i tra le guardie più forti del nostro panorama italiano. Il carattere non gli manca, la fiducia dell’ambiente nemmeno.

Il tiro da tre

Va da sè che i problemi degli esterni si riflettano anche sui numeri, altro elemento che nella pallacanes­tro moderna è lo specchio della situazione. La Reyer versione 2020 ha perso il feeling con il tiro da tre, fattore che nelle ultime stagioni aveva messo le ali agli orogranata: il 35 per cento di media tra campionato ed Eurocup è una cifra troppo bassa per una squadra che del tiro dall’arco ha fatto sempre la sua arma più micidiale.

I lunghi Infine c’è da risolvere quanto prima il fattore lunghi: con Udanoh diventato ormai l’americano di Coppa, e Vidmar che non riesce a trovare continuità, l’unico a comandare nel pitturato è Mitchell Watt: l’americano continua a crescere e a essere sempre più determinan­te con le sue giocate decisive sui due lati del campo. Ma il solo Watt non può bastare per arrivare a giocarsi le gare che contano.

Per fortuna il tempo per sistemare la situazione non manca, e l’innesto di Goudelock può diventare un’ulteriore chiave di svolta della stagione della Reyer attesa da un febbraio molto delicato: all’orizzonte ci sono le sfide con Cantù e il derby con Treviso in campionato, la Final Eight di Coppa Italia e le sfide decisive delle Top 16 di Eurocup.

Ma già da Cantù De Raffaele vuole vedere una reazione: «Noi dobbiamo innanzitut­to pensare a noi stessi — le parole del tecnico orogranata nella presentazi­one della gara di domani — nel senso che la nostra priorità, in questo momento, è avere una reazione rispetto alla partita di Coppa, un altro tipo di attitudine dalla palla a due, un altro tipo di energia, anche se purtroppo la situazione infortuni è abbastanza preoccupan­te. Però, al di là di questo, credo che non dobbiamo mai perdere l’attitudine a combattere, come purtroppo è avvenuto nell’ultima partita: una cosa abbastanza inaccettab­ile e che, giustament­e, ha lasciato scossi anche i tifosi».

Insomma, ora è davvero arrivato il momento di cambiare marcia.

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