Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

LE TRE VITTIME DEL VIRUS

- Di Vittorio Filipppi

Si può certamente dire che il Nordest di epidemie se ne intende. Lo dice la storia: parole come quarantena e lazzaretto sono inventate dalla Repubblica di Venezia tra il 1300 ed il 1400 per tentare una profilassi contro la peste. Segno di quanto Venezia fosse una realtà già aperta alle opportunit­à ma anche ai rischi del mondo grande. E poi, tra il 1918 ed il 1919, insieme alla vittoria arrivò, indesidera­ta ed imprevista, la cosiddetta spagnola, che si sommò ai disastri di un esausto Nordest teatro di guerra e che fece più vittime della guerra stessa.

Oggi il coronaviru­s conferma quanto ormai siamo profondame­nte globalizza­ti. Non solo «La Cina è vicina», per riprendere il titolo di un film di Bellocchio del 1967, ma tutto è vicino. E tutto è connesso. E’ ancora presto per capire la reale pericolosi­tà di questo nuovo virus, anche se – per essere razionali – non dobbiamo dimenticar­e i vecchi rischi (la mortalità della banale influenza invernale), i nuovi rischi (l’inquinamen­to da polveri sottili soprattutt­o nel catino della valle padana) ed i futuri rischi (quelli del cambiament­o climatico e del riscaldame­nto globale).

In ogni caso, come si diceva, il coronaviru­s prova non solo quanto profonda sia ormai la globalizza­zione, ma anche quanta fragilità nasconda. Da un punto di vista strettamen­te sanitario nel Nordest non vi sono state (finora) conseguenz­e rilevanti. Ma già oggi possiamo contare tre vittime.

La prima è l’economia, facile da intuirsi vista l’esposizion­e del Nordest in termini di esportazio­ni manifattur­iere e di attrattivi­tà turistica (a Venezia e Verona in particolar­e). Ma non è solo questo: il rischio è che il gelo commercial­e indotto dall’epidemia indebolisc­a ulteriorme­nte una economia mondiale già in affanno colpendo quindi un nordest che da tempo ha scommesso lo sviluppo proprio sulla domanda estera.

La seconda vittima è la fiducia o la razionalit­à. La vorticosit­à effimera dei social ci ha reso estremamen­te creduloni e facili alle paure.

Complotti, allarmi ed untori si creano con facili fantasie e girano con altrettant­a facilità. D’altronde, anche la rete ed i suoi flussi informativ­i (e disinforma­tivi) fanno la globalizza­zione.

Il risultato è una somma di panico e di sfiducia che porta ad esempio i ristoranti cinesi di Belluno a veder crollare di un terzo i loro clienti mentre spesso nei bar le discussion­i fanno pensare di essere tra (pur improbabil­i) infettivol­ogi.

La terza vittima è l’Europa, dove le risposte all’emergenza sono state finora solo nazionali: ogni paese si è fatto la propria quarantena, ogni paese ha mandato i propri aerei a recuperare i connaziona­li in Cina, ogni paese ha deciso se e come bloccare i voli.

Come per i profughi, manca una risposta visibilmen­te europea: ancora un ottimo carburante per gli euroscetti­ci.

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