Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Petra rientrata Il papà: so solo che sta bene
VENEZIA C’è anche Petra Vidali, studentessa 23enne di Venezia, tra i 57 italiani rimpatriati ieri mattina da Wuhan a bordo di un aereo militare. La ragazza, che in Cina frequenta un master di International trade alla Huazhong University of Science and Technology, insieme ai connazionali è stata trasferita con i pullman dell’esercito nella città militare della Cecchignola, a Roma, dove il gruppo sarà tenuto in isolamento per almeno 14 giorni, assistito e monitorato dall’équipe medica dell’Istituto Spallanzani. «So soltanto che sta bene e che stanno facendo le analisi, ma non l’ho ancora sentita», ha detto ieri pomeriggio il padre. Petra nei giorni scorsi aveva detto di aver accettato il rientro in Italia solo per tranquillizzare la famiglia, giudicando eccessivo il panico creato attorno al Coronavirus.
Ha invece scelto di restare a Wuhan, con la moglie cinese e i due figli piccoli, il vicentino Lorenzo Mastrotto, 46 anni di Costabissara, responsabile vendite di un’azienda veneta e in Oriente dal 2006. Il 30 gennaio, dopo una settimana di isolamento in casa, i Mastrotto hanno partecipato a un’iniziativa nata col passaparola sui Social che ha visto i residenti affacciarsi alla finestra per gridare: «W Wuhan!». «Mi è dispiaciuto non rivedere i miei parenti, ma con mia moglie ci abbiamo riflettuto molto, valutando i pro e i contro e
alla fine restare ci è sembrata la soluzione migliore — spiega il manager —. Lo stesso hanno fatto altri dieci italiani». Chiusi in casa dal 23 gennaio, ora i Mastrotto stanno uscendo dal periodo di incubazione dell’infezione, individuato in 14 giorni. «E’ così, ma lo stesso non usciamo se non per andare al supermercato o in farmacia — racconta —. E sempre indossando la mascherina. Abbiamo saputo del Coronavirus in dicembre, così a gennaio ne abbiamo fatto scorta. Ormai non se ne trovano più, c’è carenza anche negli ospedali ed è difficile riceverle dall’estero. I miei clienti vorrebbero spedirmele, ma con l’isolamento della Cina si fa fatica anche a ricevere pacchi da fuori».
Se gli chiedi se ha paura, risponde: «Ora siamo più tranquilli, perché 443 persone sono guarite, i decessi sono rallentati e gli infetti non sono tanti rispetto alla popolazione: 17mila in tutta la provincia di Hubei (la capitale è Wuhan, ndr), che conta 60 milioni di abitanti. Cerchiamo anche di continuare con la nostra vita: io lavoro da casa, per telefono e per e-mail e le scuole si stanno organizzando per ricominciare le lezioni on line. Le maestre dei miei figli hanno dato la disponibilità a insegnare in video, attraverso Whatsapp o Skype e intanto, per distrarre i ragazzi costretti a casa da due settimane, un professore di Bergamo che insegna Estetica all’Università di Pechino è riuscito a trovare 300 insegnanti volontari che sempre on line tengono lezioni di inglese, matematica e geografia ai bambini di Wuhan, ma anche ai ragazzi più grandi delle superiori». Insomma c’è molta solidarietà. «Sì, in molte forme — conferma Mastrotto — per esempio tanti mercati ci mandano verdura e frutta e tutta la Cina è mobilitata per aiutare la popolazione delle aree colpite dal virus. Ci trattano un po’ come fossimo terremotati, non ci fanno sentire soli». Agli italiani che guardano con sospetto i cinesi residenti qui, suggerisce: «Non fatevi prendere dal panico, non c’entrano nulla, non sono portatori del virus».