Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mafia, i legali vogliono un’altra sede processuale
Regione, ministero e (poche) vittime tra le parti civili: è subito scontro sull’origine mafiosa
VENEZIA Sì allo Stato e alla Regione, così come alle vittime (poche, anche qui) che hanno avuto il coraggio di presentarsi in aula. No ai sindacati, perché secondo il gup Francesca Zancan non ci sarebbe in questa inchiesta un danno immediato e diretto sui diritti dei lavoratori, diversamente da quella sui Casalesi di Eraclea, in cui una parte era dedicata al fenomeno del «caporalato». Sull’ammissione delle parti civili si è concentrata buona parte dell’udienza preliminare di ieri mattina sul «clan Bolognino», che secondo la Dda di Venezia era affiliato alla cosca ‘ndranghetista «Grande Aracri» di Crotone e si era insediato anche in Veneto, tra Padova, Venezia, Treviso e Vicenza. Per l’accusa il gruppo criminale guidato dai fratelli Michele e Sergio Bolognino e da Antonio Genesio Mangone avrebbe «taglieggiato» numerosi imprenditori ma si sarebbe anche alleato con altri, disponibili a «ripulire» il denaro e ora a processo con l’accusa di riciclaggio con l’aggravante mafiosa.
Proprio sull’origine «geografica» dell’associazione mafiosa ieri c’è stato uno scontro in aula. L’avvocato Domenico Riposati, che difende l’imprenditore trevigiano Ferdinando Carraro, ha affermato che nel capo d’imputazione è spiegato che l’origine del clan è avvenuta prima a Cutro (in provincia di Crotone), poi a Reggio Emilia e che quindi il processo va celebrato a Catanzaro o Bologna. Il gup si è riservata la decisione per il 18 febbraio. Oggi l’udienza si aprirà con l’esame di alcuni degli imputati che l’hanno chiesto, compresi i due fratelli Bolognino, poi il pm Paola Tonini terrà la requisitoria dell’udienza preliminare, chiedendo il rinvio a giudizio degli imputati che non hanno chiesto riti alternativi; quindi la parola passa alle difese anche domani e il 17 febbraio. Dei 54 imputati, una ventina hanno anticipato che chiederanno il rito abbreviato e per loro il processo inizierà il 18 maggio di fronte al gup Luca Marini. Dopo i problemi tecnici della scorsa udienza, ieri la videoconferenza ha funzionato bene, con una dozzina di detenuti collegati dall’esterno e il «pentito» Giuseppe Giglio da una località segreta.
Parti civili pubbliche saranno dunque la Presidenza del Consiglio, il ministero dell’Interno e l’Agenzia delle Entrate, oltre alla Regione Veneto: le prime tre solo per i reati di mafia, l’ente regionale per tutti, come chiesto dall’avvocato Renzo Fogliata. I danni non sono stati quantificati, ma nel processo Aemilia, da cui nasce questo filone, la Regione Emilia-Romagna fu risarcita con mezzo milione. (a. zo.)