Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Bufale o notizie? «La passione per la verità» di Nota
«La passione per la verità», confronto fra università e mondo della comunicazione
Controllo, verifica e qualità: così si contrasta la fabbrica delle fake news
Una delle espressioni più ricorrenti nei social network è «fake news», notizia falsa. Si utilizza per dimostrare che le critiche sono ingiustificate perché non partono da un fatto vero. Più spesso viene utilizzata per smentire una notizia diventata «virale», che si diffonde rapidamente attraverso i social e finisce nei display degli smartphone di tutti prima ancora che nelle redazioni dei giornali. Così il giornalista, abituato a scrivere una notizia dopo averla puntualmente verificata, si trova a dover controllare la bontà di una notizia che tutti conoscono e che potrebbe essere falsa. Chi fabbrica queste notizie false che intossicano l’informazione? Se n’è parlato quasi un anno fa nell’aula magna del Bo, la sede centrale dell’Università di Padova, nel seminario «L’informazione oltre gli stereotipi e le fake news per la costruzione di contesti inclusivi». Le relazioni di quel seminario, rivolto a un pubblico misto di docenti universitari, studenti e operatori dell’informazione, sono state raccolte da un libro, La passione per la verità (FrancoAngeli, 194 pagine, 25 euro), curato da Laura Nota, prorettrice dell’università di Padova.
Se è vero che le « fake news» sono un’espressione entrata nel linguaggio comune, è vero che sin dall’antichità con la creazione di notizie false gli autori hanno cercato di condizionare la pubblica opinione. Roberto Reale, giornalista, docente a Padova, già vicedirettore del Tgr e di Rainews 24, ricorda come nel 2016 i fautori della Brexit sostenevano che i 350 milioni di sterline virtualmente versati dal Regno Unito all’Unione Europea ogni settimana sarebbero stati reinvestiti nel Servizio sanitario nazionale. Notizia smentita da uno dei principali sostenitori della Brexit, Nigel Farage, tre giorni dopo il voto. Reale ricorda anche il lavoro della giornalista
Carole Cadwalladr che aveva scritto più di un reportage dalla contea del Galles dove il voto per la Brexit aveva toccato le percentuali più alte: nelle settimane prima del voto, la sezione «notizie» di Facebook era stata invasa da messaggi in cui si dava per imminente un’«invasione islamica provocata da un altrettanto imminente ingresso della Turchia nell’Unione europea » . Una doppia « fake news» che ha condizionato il voto del 23 giugno.
In un’epoca in cui gli strumenti tradizionali di comunicazione (carta stampata su tutti) sono in crisi e in cui in politica si favorisce la disintermediazione rivolgendosi direttamente ai cittadini anziché passare attraverso l’informazione professionale, il tema della qualità si impone con tutta la sua forza. Molte le riflessioni e le analisi su questo versante. Enrico Ferri, giornalista e a lungo dirigente sindacale, oggi relatore ai corsi di aggiornamento su « hate speech e immigrazione» ricorda la presenza costante di parole di odio nei social network, dove è più facile ripararsi dietro l’anonimato e fare leva sulle insicurezze della gente. «Non sono razzista ma... » è spesso l’inizio di molti commenti simili che invece si segnalano per contenuti offensivi e di stampo razzista.
Dal libro curato da Laura Nota, emerge una fotografia sicuramente negativa della situazione odierna ma anche una maggiore consapevolezza delle azioni di contrasto alle «fake news». Viene citata poi l’opera dei cosiddetti «dubunker» (coloro che quasi per professione vanno a caccia di «bufale» e ne dimostrano la falsità e l’inconsistenza); due su tutti, David Puente, oggi in forza al quotidiano online «Open» di Enrico Mentana e Paolo Attivissimo, autore di molti testi con cui ha smontato pezzo dopo pezzo teorie complottistiche e altri «fake». La giornata di studio del 2019 e il libro sono anche due esempi dell’alleanza che il mondo dell’informazione sta stringendo con il mondo della cultura e che si è concretizzato il 3 ottobre lo scorso anno nel progetto di un laboratorio nell’università di Padova per il contrasto delle «fake news» e per l’informazione di qualità. Questo è il senso della firma fra il segretario nazionale della Fnsi (il sindacato nazionale dei giornalisti) Raffaele Lorusso e il rettore Rosario Rizzuto: i due mondi, solo apparentemente lontani, hanno deciso di collaborare assieme in quella che il segretario veneto dei giornalisti Monica Andolfatto ha chiamato una «battaglia civile per condividere il valore della conoscenza e dell’informazione quale baluardo di democrazia».
«Virale»
I media tradizionali in crisi: le «bufale» corrono soprattutto nei social network