Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
CONTRATTI DI LAVORO, NUOVA VIA
In Veneto, ci sono 21.000 imprese e 230.000 persone che stanno aspettando il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, scaduto a dicembre 2019. Alla fine dello scorso anno, sono scaduti anche i contratti del terziario e della logistica e nel corso del 2020 si aggiungeranno quelli di altre categorie. Complessivamente, nel giro di qualche mese in Italia avremo oltre 6 milioni di addetti con il contratto collettivo di riferimento scaduto, pari a circa la metà di tutte le persone con un lavoro dipendente.
È un’autentica manna dal cielo per sindacati e associazioni imprenditoriali, che avranno l’occasione per dimostrare di essere all’altezza delle sfide del lavoro, di saper concludere accordi lungimiranti e inclusivi, di confermarsi interlocutori indispensabili per tracciare le traiettorie di sviluppo (sostenibile) della società, dei territori e dell’economia.
In questa tornata di rinnovi contrattuali, le Parti Sociali si impegnino per realizzare una vera «transizione di massa», per accompagnare milioni di lavoratori e lavoratrici nel colmare il gap e rafforzare le competenze digitali, dell’innovazione tecnologica e organizzativa necessarie per affrontare le sfide del lavoro che cambia. Questa transizione è indispensabile per sostenere gli sforzi delle imprese nei processi di innovazione, che sarebbero depotenziati dalla carenza di maestranze adeguate ai nuovi fabbisogni.
Come fare? Ci sono due linee di azione da seguire. La prima è estendere a tutte le categorie il «diritto soggettivo alla formazione continua» già presente nel contratto collettivo nazionale dell’industria metalmeccanica 2017-2019, che attribuiva a lavoratori e lavoratrici a tempo indeterminato il diritto di effettuare, nel triennio, almeno un percorso di formazione interna di 24 ore, in orario di lavoro e con i relativi costi a carico dell’impresa. Concepire l’attività formativa come «diritto soggettivo» è l’equivalente di una rivoluzione copernicana, che pone per davvero la «persona» al centro e se ne prende cura. Le imprese più grandi non avranno difficoltà a rendere effettivo questo «diritto». Affinchè ciò succeda in modo capillare anche in quelle più piccole e nelle micro-imprese, servirà il supporto dei Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua, che sono sempre espressione delle Parti Sociali. Il passo successivo, da fare velocemente, è estendere questo diritto anche a chi non ha un lavoro a tempo indeterminato o passa da un lavoretto all’altro: queste persone meritano tutele mirate e la formazione è una di queste, perché può aiutarle a trovare impieghi stabili ed evitare che vengano risucchiate nell’area del «disagio».
La seconda linea di azione è la «certificazione delle competenze», che si realizza con strumenti per il riconoscimento delle skill maturate e che permette alle persone di portarle con sé da un’esperienza professionale all’altra, rendendo più semplice e immediato anche l’inquadramento contrattuale. Come fare? Un modello a cui ispirarsi è quello che Sergio Levis, a capo dell’area formazione di FCA (Fiat Chrysler Automobiles) per Europa, Medio Oriente e Africa, ha illustrato a un gruppo di accademici, esperti di risorse umane e rappresentanti delle Parti Sociali in un incontro svolto in Veneto alcuni giorni fa. Si tratta di una piattaforma digitale in cui ogni persona può «misurare» quello che sa in diversi ambiti disciplinari (tecnico, amministrativo, commerciale, relazionale, linguistico e così via), anche non strettamente legati al ruolo svolto, affiancato da strutture fisiche dove ci sono strumenti o impianti con cui si può dimostrare il reale possesso di quelle competenze che necessitano di una prova pratica. Non si faccia l’errore di pensare che queste soluzioni non sono alla portata delle nostre imprese: FCA amministra e coordina il sistema di «certificazione delle competenze» e «compra» molti contenuti da entità specializzate nella formazione. In Veneto, e più in generale nei sistemi di piccole imprese, questo ruolo può essere svolto dalle Parti Sociali, dagli Enti Bilaterali e dai Fondi Paritetici Interprofessionali o da una loro combinazione. Le «transizioni di massa», e non le «trasformazioni di nicchia», saranno il fenomeno dominante delle relazioni di lavoro nei prossimi anni. L’auspicio è che a guidarle siano i sindacati e le associazioni imprenditoriali.