Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La giunta di Padova al ristorante cinese
Tecnologia Nasa rigenerata a Padova: «Prima si vendeva poco...»
PADOVA A certe condizioni, il coronavirus può resistere sulle superfici con cui sia venuto a contatto fino a nove giorni. L’esito di una ricerca tedesca, pubblicata sul Journal of Hospital Infection, rivista della Società internazionale per la cura delle infezioni, sta generando nuovi allarmi ad ogni latitudine. Il timore è più che comprensibile ma, va detto, al momento non pare trovare fondamento nello stato delle cose. Sulla permanenza del corona sugli «oggetti» su cui si posa si è espresso, ad esempio, Roberto Burioni: «Questo, badate bene, significa solo che c’è il virus, perché dati sulla trasmissibilità attraverso il contatto con una superficie contaminata non sono disponibili per il coronavirus», le concrete parole del virologo. La circolare per la prevenzione e la profilassi della malattia, diramata il 3 febbraio dal ministero della Salute, contiene indicazioni e misure che fanno riferimento a contatti con persone affette: merci, materiali e prodotti provenienti dalla Cina non sono indicati come possibili veicoli di contagio. In ogni caso, va ricordato come la pressoché totalità delle merci cinesi che approda in Italia arrivi via mare, quindi al termine di una navigazione che dura non meno di 27/30 giorni. Tradotto: due settimane dopo la massima durata sulle superfici ipotizzata per il virus.
Tutto, comunque, in questo nuovo mondo contemporaneo, sta viaggiando a velocità mai sperimentate prima. Quel che oggi è vero domani non lo è più, e quel che un mese fa pareva privo di peso, in un attimo può diventare desiderio collettivo su scala globale. Desideri legati a bisogni? Esigenze effettive? Talvolta sì, talaltra magari no: difficile, impossibile qui giudicare. Si può, però, raccontare il caso della padovana Idrobase Group, «che – con le parole di uno dei soci,
Bruno Ferrarese - dal 1986 produce idropulitrici industriali e sistemi per la sanificazione di impianti e grandi ambienti». A Borgoricco, Idrobase ha cinquanta dipendenti; altri 42 sono a Ningbo, provincia dello Zhejiang, nella succursale aperta sedici anni fa. La sede cinese tornerà al lavoro lunedì prossimo, dopo esser stata trattata «con il primo macchinario per la sanificazione degli ambienti da coronavirus».
Ferrarese spiega tutto con semplicità: «Il macchinario deriva da una tecnologia sviluppata dalla Nasa per eliminare i batteri dalle capsule spaziali». Funzionamento? «È una colonnina altra 30/35 o un po’ di più, a seconda dei modelli e della grandezza degli ambienti in cui è collocata, con alla base una luce blu. Contiene un cilindro verniciato con biossido di titanio, che all’interno ha una lampada UV. La lampada simula il sole; il biossido, colpito dalla luce, sprigiona elettroni, d’argento e altri metalli, che si legano e uccidono i batteri». Il Bacteria killer machine «costa dai 1800 ai 10 mila euro – racconta il produttore – Il prezzo varia in base alla grandezza, al modello». Molto più interessante è la parabola dei Bkm: «Ce li abbiamo da anni - dice Ferrarese -. Abbiamo provato a proporli alle aziende ma, sinceramente, non avevamo trovato riscontro... » . Le cose, però, cambiano: «Abbiamo trattato la nostra filiale cinese con la prima unità, applicando anche i nostri detergenti e i protocolli che affiancano la sanificazione...». Ora state vendendo? «Abbiamo migliaia di ordini, prevalentemente in Cina».
L’imprenditore ha l’età per ricordare mister Chiocca, l’Alberto Sordi venditore d’armi in Finché c’è guerra c’è speranza: il coronavirus, per la ditta, è una fortuna... «Sì, ci ha aperto un mercato ma speriamo che il problema si risolva presto. È un momento di grande difficoltà e bisogna aiutare: in tanti ospedali, in Cina, daremo il macchinario gratis». A quel punto, però, l’affare sfumerà... «Ma no! Resterà una maggiore attenzione all’environment, alla necessità di proteggersi e proteggere gli ambienti».