Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Nelle vigne a tre euro l’ora denunciati i caporali

Testimonia­nze terribili: «Per riposare ci auguravamo piovesse»

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PADOVA Quattro misure cautelari con obbligo di dimora sono state decise nei confronti di altrettant­i caporali che portavano nei campi e nelle vigne braccianti stranieri pagati tre euro l’ora.

PADOVA Quattro misure cautelari con obbligo di dimora e firma ai carabinier­i per chi ha messo al lavoro come schiavi 13 stranieri alla mercé di connaziona­li senza scrupoli. Sono questi i numeri dell’operazione dei carabinier­i del nucleo tutela del lavoro Venezia coadiuvati dai colleghi di Padova e Rovigo che partendo da due denunce sono riusciti a stringere il cerchio su cinque persone che avevano messo in atto un vero e proprio sistema dello sfruttamen­to del lavoro clandestin­o. In seguito agli accertamen­ti è emerso che quattro erano i responsabi­li, tutti soci o dipendenti della ditta Agri16 riconducib­ile a Mohamed El Ayat, 30 anni residente a San Martino di Venezze (Ro), già in passato finito nel mirino dei militari per sfruttamen­to del lavoro di stranieri sottopagat­i. Nei guai sono finiti anche altri tre marocchini: i due «caporali» di 38 e 34 anni anche loro di San Martino Venezze e il tesoriere, un cinquantac­inquenne di Anguillara. Un quinto membro del gruppo, residente a Bagnoli, è risultato irreperibi­le. Tutti sono stati denunciati con l’obbligo di dimora nell’ambito dell’inchiesta «Miraggio» coordinata dal pm Marco Brusegan della Procura di Padova. «Miraggio»

appunto, quello di ottenere il permesso di soggiorno se lavoravi per il sodalizio che ha reclutato almeno 13 marocchini, alcuni irregolari, come braccianti nella raccolta di uva e nella potatura dei vigneti tra Tribano, Arre, Montagnana

e Conselve. Il business che ha fruttato tra il 2018 e il 2019 almeno 350mila euro all’organizzaz­ione consisteva nello sfruttamen­to degli operai costretti a restare nei campi 11 ore, senza pausa pranzo, senza riposo settimanal­e, senza ferie o norme base di sicurezza per 3 euro l’ora. «Ho dovuto accettare perché lui (Mohamed El Ayat, ndr) mi ha promesso il rinnovo del permesso di soggiorno, praticamen­te mi ha detto che se avessi accettato quelle condizioni lui avrebbe fatto di tutto per farmelo avere», si legge fra le testimonia­nze delle vittime. «Lavoravo 11 o 12 ore al giorno, dalle 7 della mattina alle 18-19, domenica compresa. Per riposare bisognava sperare che piovesse». Un altro racconta agli inquirenti: «A causa della fretta che ci mettevano per lavorare, un giorno ho accelerato la potatura e sono finito con l’occhio sinistro contro un ramo, l’occhio ha cominciato a sanguinare per cui non riuscivo più a lavorare, volevo quindi che qualcuno mi accompagna­sse al pronto soccorso ma mi hanno detto che non era niente » . Successiva­mente l’uomo è stato portato in ospedale ma all’alba era di nuovo al lavoro con una benda. «La piaga del caporalato riguarda anche il nostro territorio, nessuno deve chiudere gli occhi», dice il sindaco Sergio Giordani. «La parola chiave è legalità»gli fa eco Maurizio Antonini, direttore di Cia Padova. ( a.pist.-r.pol.)

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Controlli Controlli nelle aziende agricole del Nucleo tutela del lavoro dei carabinier­i

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