Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Unesco sfratta i Comitati privati «Difesa della città troppi ostacoli»

- Elisa Lorenzini

Sono nati all’indomani dell’Acqua granda del 1966, quando nella piena emergenza, hanno iniziato a raccoglier­e fondi per restaurare il patrimonio culturale danneggiat­o di Venezia. In cinquant’anni i Comitati privati per la salvaguard­ia di Venezia – un coordiname­nto di 21 singoli comitati da 11 paesi del mondo - hanno concluso oltre 800 interventi raccoglien­do una media di 6 milioni di euro l’anno da dedicare al recupero dell’arte danneggiat­a: chiese, monumenti, quadri, opere. Come tante altre realtà di Venezia, sono stati sfrattati dal palazzo dove hanno la sede da decenni. Usuale a Venezia, se non fosse che a sfrattare i Comitati internazio­nali è l’Unesco, l’organizzaz­ione delle Nazioni unite che promuove la pace attraverso la tutela della cultura nel mondo. Già nel 2017 l’Unesco aveva alzato l’affitto per un importo pari al 25 per cento dei fondi raccolti annualment­e dai comitati. «Troppi per le nostre possibilit­à, noi raccogliam­o soldi per avviare restauri, vogliamo spenderli per quello», dicono. Dopo tre anni la resa dei conti è vicina e verbalment­e la richiesta di lasciare il palazzo è già arrivata. Un vero problema per tutti quei comitati che non hanno in città una loro sede e che hanno progetti di restauro per centinaia di migliaia di euro pronti a partire. Le difficoltà della salvaguard­ia non sono poche: la marea eccezional­e del 12 novembre 2019, ha lasciato un nuovo segno indelebile. «Non possiamo continuare a restaurare pezzo per pezzo, serve un progetto complessiv­o per questa città – interviene Paola Marini, presidente dei Comitati privati – dopo il ‘66 è successo ancora, lo scorso novembre, forse non siamo stati sufficient­emente attenti, dobbiamo fare di più nell’ottica di una visione olistica della città». Ieri si sono dati appuntamen­to all’Ateneo Veneto per fare il punto degli interventi in un anno tanto difficile per la città. Dopo il 12 novembre i comitati si sono attivati: Save Venice ha fatto la parte del leone raccoglien­do 587 mila dollari, cifra che in parte è già stata investita per studiare i danni subiti dalla chiesa di Torcello. C’è chi lotta contro la burocrazia, come Venice in Peril che punta il dito contro le lungaggini nell’avvio del restauro della tomba del Canova a San Tomà. E chi con le finanze come l’Uia, l’università internazio­nale d’arte che con i suoi cantieri-scuola garantisce la manutenzio­ne ad esempio della chiesa dei Tolentini: finanziata con soldi del Fondo Sociale Europeo avanza 400 mila euro dalla Regione. La via da imboccare, per salvare il patrimonio, secondo l’Istituto Veneto di lettere scienze e arti è quello della manutenzio­ne continua. A spiegarlo è la coordinatr­ice scientific­a Federica Restiani: «siamo attivi con un cantiere scuola alla Ca’ d’Oro dal 2016, facciamo manutenzio­ne continua, desalinizz­iamo i pavimenti e ne verifichia­mo le tessere infatti grazie a questo il 12 novembre non abbiamo avuto nessun distaccame­nto». L’ultima nata è Venice Garden Foundation presieduta da Adele Re Rebaudengo, che ha concluso il restauro dei Giardini Reali e li avrà in concession­e per 15 anni. «Li abbiamo restituiti alla città, per tornare a vedere i bambini giocare», dice Rebaudengo.

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La Basilica di San Marco invasa dalla marea
Allagata La Basilica di San Marco invasa dalla marea

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