Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Padova, la giunta mangia cinese «Qui per battere i pregiudizi»
PADOVA Un pranzo per smentire le «fake news» che circolano sul coronavirus e combattere la Psicosi. Anche senza il sindaco Sergio Giordani, trattenuto da alcuni impegni istituzionali, e gli assessori Andrea Colasio e Diego Bonavina. Gli altri, però, c’erano tutti. E non hanno esitato a gustare, bevendo rigorosamente birra Tsingtao, l’astice con insalata di arance, i ravioli al vapore ripieni di branzino e spinaci, il riso ai cinque cereali, i gamberoni alla griglia con salsa allo zenzero, l’immancabile anatra alla pechinese e i biscotti con dentro confettura alla soia.
Ieri mattina, capitanata dal vicesindaco Arturo Lorenzoni (probabile candidato alla presidenza del Veneto per l’intero centrosinistra), la giunta comunale di Padova si è appunto recata a pranzo nel primo e più famoso ristorante cinese della città del Santo, lo Shanghai di via Marsala, in pieno centro storico, aperto nel 1987 dai coniugi (con nomi italianizzati) Paolo e Arcobaleno. Così facendo, bacchette in una mano e sakè nell’altra, l’amministrazione di Palazzo Moroni ha voluto simbolicamente esprimere vicinanza e solidarietà all’intera comunità cinese che risiede nel capoluogo euganeo e che conta quasi tremila persone. «Da quando è scoppiata l’epidemia del coronavirus - ha sottolineato l’assessore al Commercio, Antonio Bressa - si è purtroppo creata una certa diffidenza verso i cinesi e i tanti locali da loro aperti a Padova. E quindi noi siamo qui oggi per smentire tutte le falsità che vengono raccontate sulla maniera in cui il virus può essere trasmesso e soprattutto per dire, anche se non ce ne sarebbe bisogno, che andando a mangiare al ristorante cinese non si rischia assolutamente nulla».
Concetti, quelli espressi dall’assessore Bressa, che il primo cittadino Giordani aveva già evidenziato una settimana fa, inviando due lettere pressoché speculari a Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare cinese, e a Wen Guohui, sindaco della metropoli cinese Guangzhou, con la quale Padova conta di stringere un gemellaggio entro l’anno: «Voglio manifestare amicizia, solidarietà e vicinanza alla comunità cinese della nostra città - aveva scritto Giordani - e che in questi giorni è oggetto di diffidenza e sospetto, pure a causa dell’irresponsabile diffusione di fake news sulle modalità di diffusione del coronavirus».
La più felice della visita di ieri, ovviamente, è stata Arcobaleno, titolare dello Shanghai. Anche perché suo marito Paolo, già membro della Commissione Stranieri in Comune, è partito per la Cina prima che scoppiasse l’epidemia e non è ancora riuscito a tornare a Padova. «Per fortuna – ha spiegato Arcobaleno – Paolo sta benissimo. Però, ormai più di un mese fa, è andato a Qingtian a trovare la sua famiglia e, a causa del blocco dei voli, non sa ancora quando potrà ripartire. La giunta, comunque, mi ha fatto un bellissimo regalo. E spero proprio che questo gesto ci aiuti a risollevarci un po’. Per colpa del coronavirus, infatti, stiamo lavorando molto meno: molti clienti dicono di aver paura, pur sapendo che è ingiustificata, e non vengono più». E a fine pranzo, concluso con un goccio di grappa alle rose dopo il caffè, il vicesindaco Lorenzoni ha insistito: «Mi auguro che la nostra visita serva davvero a superare alcuni pregiudizi completamente infondati e a far sentire la comunità cinese di Padova, molto provata, più integrata nella nostra città». E allora, «Cin cin». Anzi, «Gan bei».