Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Bpvi, diedi agli ispettori di Bankitalia le baciate»

- Bendetta Centin

VICENZA Bankitalia sapeva delle operazioni di acquisto azioni finanziate, le «baciate», già nel 2012. Lo ha ribadito ieri in aula, nel corso dell’udienza del processo per il crac Bpvi, Claudio Ambrosini, allora responsabi­le della direzione crediti ordinari e vice del vicedirett­ore generale Paolo Marin, che come martedì è tornato a sedersi sul banco dei testimoni, stavolta per rispondere alle domande degli avvocati. Lo aveva riferito lui stesso all’ispettore Gennaro Sansone, che gli aveva chiesto spiegazion­i su quel finanziame­nto da 21 milioni impiegato interament­e per l’acquisto di azioni Bpvi. «Con un ordine di acquisto fatto prima di diventare cliente e senza avere nemmeno un conto corrente » , spiega Ambrosini.

Che aveva raccontato all’ispettore come «capitasse che, a fronte di delibere di fido, la rete si mettesse d’accordo col cliente per comprare azioni». Sansone, ripercorre il dirigente, aveva quindi chiesto: «Come capita? Ce ne sono altre? Io - prosegue Ambrosini - gli avevo detto che bastava prendere gli affidati con gli importi maggiori». Ed ecco perché l’ispettore volle mettere il naso sugli ordini di acquisto, sulle date. Cominciand­o dall’operazione da 21 milioni. «Sansone mi disse che non andava bene perché era tutto preconcord­ato. E il colloquio si concluse così».

E ancora: «Sansone constatò che in cinque casi su sei l’ordine di acquisto era stato fatto prima delle delibere di fido e a detta sua non era il massimo». Il giorno dopo l’allora dg Samuele Sorato chiamò Ambrosini a rapporto «e venni trattato come una spia» racconta, ammettendo di non aver avuto idea dell’entità del fenomeno: «Lo scoprirò dopo», le sue parole. Eppure l’ex dirigente fa sapere come nel 2015, con la nuova dirigenza, «non c’erano state contestazi­oni, rilievi o rimproveri » sulle pratiche istruite. Lo stesso testimone ha poi smentito le parole di Sansone sentito in aula a gennaio e cioè che «tutte le pratiche dei crediti finivano sul tavolo di Marin » . Ambrosini non ha dubbi: «Sbagliato: i crediti non avevano controllo su tutti i deliberant­i che agivano in autonomia». Alla domanda poi sul perché non avesse riferito delle baciate agli ispettori Bce arrivati nel 2015, Ambrosini è lapidario: «Avevano già visto che c’era capitale finanziato. Le baciate erano già identifica­te».

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