Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Serie A e il nuovo stadio: gli obiettivi non cambiano «Investiti trenta milioni»
Quali scenari si possono ragionevolmente ipotizzare per il futuro del Venezia? Tacopina, nel corso della conferenza stampa di ieri, ha specificato due concetti fondamentali. Pur senza dirlo apertamente, dopo il fallimento della trattativa con il gruppo italiano rappresentato dall’ad di Atlantia Gianni Mion, il club è in vendita, perché se si troverà una soluzione adeguata alla continuità aziendale del progetto cominciato nel 2014, il gruppo americano cederà le proprie quote, la totalità delle stesse o una buona parte rimanendo in minoranza e possibilmente nel business dello stadio. L’avvocato newyorkese e tutti gli attuali quattro soci che finanziano il progetto (i contrasti maggiori sono stati fra Tacopina e Duncan Niederaurer) non vogliono più spendere senza avere un ritorno d’immagine ed economico chiaro. Il che può essere garantito solo
Il salto di categoria Dal 2014 la massima serie è la frontiera: i diritti tv e gli introiti sono molto superiori
Il nuovo impianto Resta il solito problema dello stadio Penzo: la società continua a lavorare su Tessera
in due modi. Con un nuovo stadio a Tessera e con la serie A, «dove i soldi dei diritti televisivi permettono di dare un senso all’investimento – ha detto Tacopina – e in questi ultimi anni il nostro gruppo ha tirato fuori cash 30 milioni di dollari. Ricapitalizzando ancora poche settimane fa e garantendo la continuità aziendale». Un concetto, questo, su cui Tacopina ha insistito. La squadra ha recepito positivamente le rassicurazioni del presidente e lo stesso Dionisi ha apprezzato la sua chiarezza. Ci sarà un nuovo numero uno all’interno del club, che verrà nominato a breve, ma il core business dell’avventura veneziana rimane il nuovo stadio. «Il progetto non è bloccato — ha chiarito Tacopina — e va avanti. Con il sindaco Brugnaro abbiamo parlato anche in tempi recentissimi, tocca a noi adesso dare un segnale e lo daremo, non prima di aver chiarito la questione della governance del club». L’optimum, secondo Tacopina e i suoi soci, sarebbe la cessione a luglio a un gruppo (estero?) che assuma la governance del club e che permetta di partecipare al progetto stadio agli americani. Tacopina, a questo proposito, ha fatto trapelare alle persone a lui vicine che la società non verrà ceduta ad avventurieri o al traghettatore di turno e che quella di Venezia sarebbe la sua ultima avventura nel mondo del calcio. Ma non è escluso, al contrario, che in futuro lo si possa vedere in altre vesti e in altre latitudini. Da Trieste, per esempio, si parla di un colloquio senza esito di un anno e mezzo fa con il patron Mario Biasin, per dire che l’imprenditorialità di Tacopina non conosce certo confini. Al momento, stando alle versioni ufficiali, se dovesse terminare l’esperienza veneziana, il legale della City si dedicherebbe interamente alla sua professione di avvocato, abbandonando il mondo del calcio, giudicato «troppo difficile da gestire, soprattutto nelle categorie inferiori». Il Venezia per ora respira. Spazzate via le voci di un dissesto finanziario che non c’è, può pensare al presente e alla salvezza, in attesa di un futuro tutto da costruire. Anche senza l’uomo della rinascita, perché tutte le cose hanno un inizio e una fine e anche l’epopea di Joe Tacopina potrebbe presto volgere al termine.