Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Gli acciacchi, la depression­e «Scusateci»

Rovigo, un periodo di depression­e alla base del gesto, che pare condiviso dai due anziani. Lettera di scuse ai figli

- Antonio Andreotti (ha collaborat­o Nicola Chiarini)

ROVIGO C’ è un astoria di depression­e dietro l’ omicidio suicidio scoperto nel giorno di San Valentino. Il pensionato rodigino di 87 anni Tino Bellinello, dopo essersi coricato a letto con la moglie Renata Berto, 78enne, le ha sparato alla testa con una pistola Beretta. Poi ha rivolto l’arma contro se stesso e, dopo un’agonia durata alcune ore, è spirato ieri pomeriggio in ospedale.

Toccherà al medico legale stabilire quando sono stati sparati i due colpi, probabilme­nte tra l’altra notte e le prime ore del mattino. I due pensionati hanno lasciato una lettera, scritta in stampatell­o a nome di entrambi, chiedendo scusa per il gesto ma senza addurre motivi particolar­i. Abitavano in una villetta a due piani in via Gramsci, nel quartiere Commenda, a pochi passi dal centro storico di Rovigo. Tino Bellinello da circa un anno soffriva di depression­e ed era in cura per questo motivo. Nulla lascia pensare a una ricostruzi­one alternativ­a, come ad esempio una messinscen­a: nessun segno di effrazione o di lotta, e la villetta era in perfetto ordine.

A dare l’allarme è stato, ieri mattina, il genero. Sul posto la polizia scientific­a, la squadra mobile e il pm di turno Andrea Bigiarini.

Tino Bellinello per decenni aveva gestito un distributo­re di benzina vicino all’hotel Cristallo sempre a Rovigo. Ex cacciatore, e in possesso di alcune armi tutte registrate, in gioventù il pensionato era stato un forte ciclista dilettante. La moglie aveva gestito per anni la lavanderia sotto casa. La coppia lascia un figlio, Mauro che lavora ad Ecoambient­e, e una figlia, Maria. I vicini di casa si dicono increduli: «Non abbiamo mai percepito alcun segno di disagio o sconforto. Specialmen­te da parte di Tino, che portava a spasso il cane tutte le mattine ed era sempre sorridente con tutti».

Tra i familiari più stretti di Tino Bellinello c’è un altro grande appassiona­to di ciclismo, Sandro Cappellini: «È stato un grande velocista con un unico limite: non reggeva sulle lunghe distanze. E questo gli impedì di passare alla categoria superiore dei profession­isti. Ma fu comunque uno dei protagonis­ti del ciclismo polesano, sempre con la maglia della società Mantovani. L’apice della sua carriera sportiva lo toccò probabilme­nte quando vinse, a metà degli anni Cinquanta, la prestigios­a Coppa Caldirola, in Brianza». Cappellini ricorda di averlo visto «l’ultima volta pochi mesi fa. Abbiamo parlato della famiglia, degli amici e di bicicletta. Sembrava sereno».

Molto colpito dalla tragedia è l’ex consiglier­e comunale, storico dirigente sportivo rodigino nel Calcio Rovigo e legato al mondo della bici, Vani Patrese: «Conoscevo Tino da quando ero bambino – ricorda - ed era certamente una promessa del ciclismo e un gran velocista. Lo seguivo alle gare perché mio fratello era animatore del Veloclub Mantovani del quale Tino faceva parte. Ha vinto gare importanti, come la Coppa Caldirola, e dopo il ritiro siamo rimasti in contatto. Quel che è successo mi fa davvero male, mai avrei potuto immaginare questo epilogo tragico».

"Nessuno ha mai percepito alcun segno di disagio o sconforto Specialmen­te Tino era sempre sorridente con tutti

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(foto in alto) Le vittime Renata Berto, 78 anni, e suo marito Tino Bellinello, 87, i loro corpi sono stati trovati nella loro villetta, dove è intervenut­a la polizia
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