Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Scavi, fondi Ue e posti di lavoro Navi a Marghera tutti i problemi

I dubbi del Porto in vista del Comitatone

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VENEZIA Il ministro delle Infrastrut­ture Paola De Micheli l’ha promesso: «Per la prossima primavera sposteremo dal bacino di San Marco duecento navi da crociera». Ma ora che i tavoli tecnici si susseguono – l’ultimo è stato giovedì sera, forse ce ne sarà un altro in vista del Comitatone fissato per il 3 marzo – appare chiaro che non sarà così facile avviare quegli «approdi diffusi» a cui l’Autorità di sistema portuale, insieme a tutti i soggetti coinvolti, aveva già cominciato a lavorare la scorsa estate su input del predecesso­re Danilo Toninelli. Sul tavolo ci sono varie soluzioni: Fusina, il terminal container di Tiv e la sponda nord del Canale industrial­e nord. Il Porto le ha analizzate tutte e nei documenti presentati è chiaro che nessuna sarà indolore.

Sul terminal delle «autostrade del mare», il Porto è scettico. Proprio nei giorni scorsi i promotori dell’ipotesi (Renzo Scarpa, Ottavio Serena, Andrea Gersich e Renato Darsiè) e la società di gestione di Fusina si sono incontrati e confermano la possibilit­à di accogliere navi anche grandi (usando i « mooring dolphins », «salsicciot­ti» dove far appoggiare lo scafo, ma ancor più allungando le due banchine in costruzion­e); ma secondo l’ente guidato da Pino Musolino, per quest’anno potranno farci scalo solo due navi, perché la nuova darsena sarà pronta solo a dicembre e quella attuale è piena quasi al limite. Serviranno poi lo scavo di un bacino di evoluzione adeguato e lo spostament­o di un oleodotto, per un costo totale di 708 mila euro e 180 giorni di lavori. «L’inseriment­o della funzione crocierist­ica permanente mette a rischio i finanziame­nti europei ricevuti», aggiunge il dossier.

Quanto a Tiv il Porto ha valutato sia la banchina Lombardia che quella Veneto. Per la prima, che può ospitare navi fino a 300 metri e oltre, servono un milione e 162 mila euro (e 270 giorni di lavori) per adeguare gli ormeggi A15 e A14. L’ente ha studiato due ipotesi: con le crociere tutti i giorni potrebbero arrivarne 151, solo nel weekend al massimo 74. In questo modo però gli ormeggi A13 e A12 dovrebbero essere limitati a navi sotto i 180-200 metri, con un calo dei traffici del 20 per cento e 30-35 posti di lavoro a rischio. Peggio andrebbe con la banchina Piemonte (che infatti è stata messa in secondo piano), i cui danni ricadrebbe­ro anche sul terminal rinfuse di Multiservi­ce, di recente acquisito dal fondo F2i, con un progetto di sviluppo. L’investimen­to sarebbe minore: 376 mila euro e 150 giorni di lavori. Il Porto ha anche ipotizzato una totale riconversi­one del terminal container di Tiv alla crocierist­ica: in questo caso si avrebbero 239 navi nel 2020 (151 a Lombardia e 88 a Veneto), ma ci sarebbe poi il problema di un tracollo del traffico merci. L’altro terminal container (PsaVecon) può infatti arrivare a gestire 500 mila teu (l’unità di misura dei container), ma così il porto dovrebbe rinunciare a 100 mila rispetto a quanti ne tratta ora, con un calo di 50 posti di lavoro. Il canale nord è una delle ipotesi anche definitive, ma in questo caso il Porto ritiene che possa essere allestita anche in via temporanea, con un accosto nel 2021 e due nel 2022: qui potrebbero arrivare 242 navi da crociera grandi. (a. zo.)

VENEZIA La differenza la fanno i numeri. Oggi, con il protocollo fanghi del 1993, solo il 3 per cento dei sedimenti lagunari (i cosiddetti «classe A») potevano essere usati per il ripristino morfologic­o della laguna, cioè per barene, velme e così via. A breve, quando i ministri Paola De Micheli (Infrastrut­ture) e Sergio Costa (Ambiente) metteranno la firma sul decreto che renderà operativo il nuovo protocollo, quella quota potrebbe salire a circa la metà: con un notevole risparmio per le casse erariali, ma anche un minore riempiment­o dei siti di conferimen­to – che già sono pochissimi e quasi tutti esauriti – per quelli che fino a oggi erano ritenuti fanghi inquinati.

Giovedì, proprio mentre a Venezia si teneva la protesta della comunità portuale che chiedeva di scavare i canali, è arrivato il tanto atteso parere dell’Istituto superiore di sanità, che ha chiesto e ottenuto un riferiment­o all’attenzione alla catena alimentare, in primis vongole e pesci. «Questo istituto si riserva di produrre una nota tecnica integrativ­a sulle procedure da adottare», aggiunge però il parere. «Ora attendiamo che la benna, che nel corteo era appoggiata sulla chiatta, cominci a

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