Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
TERZA ETÀ, DUE PICCOLI NUMERI
Due semplici, piccoli (per fortuna piccoli) numeri: su diciassette decessi finora avvenuti a causa del coronavirus, la maggior parte riguarda persone anziane.
Certo, anziane che si trascinavano dietro una o più patologie che le hanno facilmente fatte soccombere al virus. È lo stesso meccanismo che nei mesi invernali rende vulnerabili tanti anziani alla classica ondata influenzale: ottomila decessi annui di cui il 90-94 per cento ascrivibili appunto agli ultrasessantenni. Il motivo è semplice: una popolazione che invecchia e si fa pure longeva – oggi gli anziani sono il 23,1 per cento del totale, mentre i giovani fino a 14 anni sono ridotti al 13 per cento - non sfugge purtroppo alla trappola della fragilizzazione prodotta dalle tante morbilità età-correlate. In Italia solo il 39 per cento degli anziani è libero da patologie croniche mentre il 25 per cento ne addirittura presenta due o più. Le patologie più frequenti sono le cardiopatie, le malattie respiratorie croniche, il diabete e i tumori. Sono i quattro cavalieri dell’Apocalisse che accompagnano e tormentano la terza e la quarta età.
Rendendola, pur nella crescente longevità, oggettivamente debole. Nel corpo come nella mente (vedi le demenze). Non meraviglia allora che le vittime di questi giorni siano, di fatto, un nuovo, ulteriore indicatore della fragilità che accompagna l’invecchiamento del paese. Per chi ama la conferma dei numeri una ricerca del Chinese Journal of Epidemiology stima che il tasso di mortalità per coronavirus può arrivare al 14,8 per cento nelle persone che hanno superato gli 80 anni e che la presenza di malattie croniche, in particolare a carico del cuore e delle arterie, aumenta i rischi di prognosi negativa. Addirittura, stando allo studio, si arriva al 10,5 per cento di possibile mortalità in caso di malattie cardiovascolari in atto, a fronte del 7 per cento dei diabetici e del 6,3 dei sofferenti di malattie respiratorie croniche. L’epidemia di coronavirus si è manifestata come un perfetto cigno nero, per usare la metafora del filosofo Taleb: cioè un evento malefico imponente quanto imprevisto e di grande impatto, sia in termini reali che psicologici.
Però dietro il misterioso cigno nero c’è un cigno ben conosciuto da tempo che si chiama invecchiamento. Può darsi – è ovviamente da augurarselo – che l’epidemia in corso si ridimensioni fino ad estinguersi e a divenire solo un evento da ricordare nei testi di storia della medicina.
Tuttavia ciò che di sicuro non si ridimensionerà – per ovvi motivi demografici – è la crescita degli anziani: per ogni attuale anziano se ne aggiungerà un altro mezzo da qui al 2050. Un paese troppo vecchio e troppo gracile. Di fronte ai virus vecchi e nuovi e non solo. E che ci mostra quanto la demografia sa essere vendicativa con chi la ignora.