Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Centrale Enel occupata dai centri sociali
Impianto occupato per quattro ore: «Basta carbone». L’azienda: sarà riconvertita
VENEZIA Si sono presentati in duecento alle dieci di mattina e per quattro ore l’hanno occupata. Ieri i centri sociali del Nordest hanno effettuato un blitz alla centrale Enel di Fusina, per denuncia l’inquinamento del carbone. «Consuma ogni giorno settemila tonnellate - hanno gridato - Chied i amo l a d i smi s s i o n e immediata». L’azienda ha replicato spiegando che è già stato presentato un piano per la riconversione entro il 2023. I denuncianti saranno identificati.
VENEZIA Si sono presentati alla sbarra intorno alle dieci del mattino. Erano quasi duecento, impugnavano megafoni e striscioni, indossavano le tute bianche di carta e sul volto mascherine da cantiere. I due piantoni in guardiola hanno potuto fare molto poco per fermarli: i ragazzi hanno passato il cancello come se non ci fosse, poi si sono diretti a passo svelto verso il blocco principale della centrale Palladio e mentre individuavano il percorso migliore per scalarlo fino alla vetta delle caldaie si sono agganciati moschettoni e imbragature. Ieri mattina, per oltre quattro ore, l’impianto Enel di Fusina è stato costretto a sospendere le attività per l’occupazione dei giovani attivisti dei centri sociali del Nordest, arrivati in forze per protestare contro l’inquinamento atmosferico. «Questa è la quinta centrale più grande d’Europa, consuma ogni giorno settemila tonnellate di carbone - hanno gridato al megafono - Chiediamo la dismissione immediata di questa e di tutte le strutture europee dello stesso tipo».
Arrampicandosi sulle scale di servizio, gli attivisti sono riusciti a guadagnare il tetto e a piazzarsi lungo i nastri trasportatori del carbone, dove sono rimasti per circa tre ore. Ne hanno approfittato per calare dall’alto un paio di striscioni colossali: «One solution: revolution», recitava il primo. «Siamo l’antidoto al capitalismo», il secondo. Già all’ingresso, comunque, con la vernice rossa avevano scritto sull’asfalto «bruciare i confini, non il carbone», mentre il cartello sulla cancellata è stato trasformato in uno slogan che invita a fermare immediatamente Enel. Sul posto è accorsa anche la Digos, arrivata circa dieci minuti dopo l’irruzione dei ragazzi, ma gli agenti si sono limitati a redarguire gli attivisti, senza tentare di sgomberarli con la forza. Intorno alle 14 i ragazzi hanno deciso di spostarsi comunque, un corteo che ha attraversato l’impianto per andare alla conquista dei depositi di carbone, occupati per circa un’ora: una serie di macchie bianche in cima alle montagnole nere. Intorno alle 15, nonostante le promesse di un blocco «a oltranza», i manifestanti hanno deciso di sciogliere la protesta e di marciare fuori dalla centrale, fino al centro sociale Rivolta, in via Fratelli Bandiera, dove hanno tenuto un’assemblea, utile anche a preparare le prossime attività in vista della manifestazione del prossimo 4 aprile, organizzata nell’ambito dei «Fridays for future».
Come detto, la polizia non ha cercato di ostacolarli ma sta comunque identificando i partecipanti. Enel, da parte sua, ha ricordato di aver già avanzato richiesta formale per anticipare la dismissione della centrale entro il 2023: «Abbiamo presentato il progetto per la riconversione del sito con un impianto a gas ad altissima efficienza, indispensabile per assicurare la cessazione della produzione a carbone e la gestione in sicurezza della rete elettrica - spiegano dall’azienda - L’iter di approvazione del progetto è in corso, stiamo anche sviluppando la nostra capacità fotovoltaica all’interno del sito».
Identificazione
La Digos ha deciso di non sgomberarli, ma sta identificando i partecipanti