Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il dossier: danni per 50 miliardi
Qualcuno vede un primo buon segnali per le pmi, ma la maggior parte reputa insufficienti le misure Confturismo: «Non si è parlato ancora di noi»
Secondo gli analisti il coronavirus costerà al Veneto dai 24,4 ai 57 miliardi di euro. Il decreto «Cura Italia» non riscuote grande fiducia dal mondo delle imprese.
Il coronavirus costerà al Veneto, fra quest’anno e il prossimo, dai 24,4 ai 57 miliardi di euro su un totale nazionale compreso fra i 270 e i 650. E se il virus è la malattia, il decreto «Cura Italia» di cui si attende ancora la versione definitiva, non riscuote grande fiducia dal mondo delle imprese regionali.
Il calcolo della ricaduta dell’epidemia sul sistema economico giunge dal Cerved Industry Forecast, rapporto affrontato dagli analisti del gruppo milanese su tutte le regioni e che giustificano la divergenza fra il valore minimo e quello massimo con l’incertezza sulla durata dell’epidemia e, come conseguenza di questo, sulle dinamiche di ripresa delle aziende dei diversi comparti. Questo mentre la «Cura» che è stata assegnata al nome del provvedimento governativo per attutire i danni del mese di marzo pare convincere ben pochi attori dello scenario economico veneto. Fra le voci più scettiche c’è quella del presidente della Camera di commercio di Verona, Giuseppe Riello, che parla di un «decreto-palliativo dato che le ricadute avranno effetti per mesi, se non per anni. Le imprese debbono essere messe nelle condizioni di agire nel medio termine perché interventi nel breve possono essere utili per superare qualche settimana, ma non certo per consentire alle imprese di pianificare strategie di rilancio». Meno caustico, in ambito camerale, è il leader di Unioncamere Veneto, Mario Pozza, il quale riconosce che «il Ministero delle finanze ha procrastinato le scadenze fiscali e tra i 10 miliardi dedicati a sostegno all’occupazione per difesa occupazione e del reddito, c’è la cassa integrazione anche per le aziende con un solo dipendente. Tutto è stato calato per la dimensione delle nostre piccole imprese».
Agostino Bonomo, presidente della Confartigianato regionale, è però certo che saranno necessarie ulteriori misure: «Resta ancora molto da fare per autonomi e imprenditori. A partire dal rinvio dei versamenti del 16 aprile perché è facile prevedere che saremo ancora in grave stato di necessità. Apprezziamo il metodo che ci è stato anticipato una settimana fa dal sottosegretario Pier Paolo Baretta, e che il Governo sta mantenendo, di procedere a step settimanali che tengano conto delle avvenute novità nella situazione sanitaria ed economica.
Dopo queste prime misure – aggiunge - ci aspettiamo quindi venga varata la fase due con successivi interventi». Ad essere più abbattuti sono comunque i player del turismo. «Nelle innumerevoli bozze che si sono susseguite – fa notare Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto – ho visto la parola alberghi solo quando si parla di possibili requisizioni. Nel mio mondo lo scontento è ampio e palpabile, e teniamo a mente che senza flussi turistici in Veneto la prossima estate avremo 100 mila persone a spasso».
Non va molto meglio in casa Confcommercio, il cui presidente regionale, Patrizio Bertin, sostiene di vedere «ben poca cosa per le imprese. Vanno bene misure come la Cassa integrazione anche per le piccolissime imprese, ma se lo Stato accettasse di interfacciarsi con le categorie economiche trarrebbe grandi benefici per compiere scelte mirate». Per il sistema dei liberi professionisti e delle partite Iva parla Roberto Sartore, a capo di Confprofessioni Veneto, sigla che associa una ventina di sottocategorie. «Qui nessuno fa notare che il testo definitivo del decreto ancora non ce l’ha in mano nessuno e che le variazioni si stanno susseguendo, basta cambiare una parola e il senso si altera. Noi siamo molto preoccupati perché il tempo passa e restiamo fermi, non sapendo, ad esempio, come gestire tutta la partita degli ammo r t i z z a t o r i sociali. Dovremmo sederci al tavolo con la Regione per definire le linee guida ma finché non c’è la legge non sappiamo come comportarci. Potenzialmente tutte le aziende da noi assistite che chiudono rappresentano situazioni meritevoli di cassa integrazione – conclude Sartore – ma finché si continua a rimandare l’uscita del testo finale siamo tutti bloccati».
"Riello Decretopalliativo, ricadute per mesi se non per anni. Ma le imprese devono poter agire nel medio termine