Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Voglio tornare sulla tomba di mio figlio»
Nel Bellunese un padre fa causa al sindaco per aver chiuso la struttura come misura contro il contagio. «Sceriffo senza umanità»
BELLUNO «Visitare la tomba di mio figlio era un sollievo che ora non ho più». Daniele Tisot ha fatto causa al sindaco di Santa Giustina che ha «sigillato» il cimitero.
SANTA GIUSTINA (BELLUNO) La sera del 18 marzo, come tutti i giorni, Daniele Tisot è andato sulla tomba di suo figlio Alessio. «Anche se sono passati tredici anni, io con lui ci parlo. È presente nella mia vita, solo che non abita più nella casa di mamma e papà ma ci aspetta lì, in quel cimitero». E come sempre, prima di andarsene, ha rivolto un ultimo sguardo alla foto del suo ragazzo che avrà per sempre di - ciotto anni, e l’ha salutato: «Ci vediamo domani».
Invece, il giorno successivo ha trovato il cancello del cimitero chiuso con un lucchetto. E da allora, Daniele Tisot e sua moglie Moira non hanno più potuto vedere la tomba del figlio.
Colpa del coronavirus. Siamo a Santa Giustina, paese adagiato sulla valle del Piave a metà strada tra Feltre e Belluno. Il Comune ha fatto un’ordinanza più restrittiva di quella del governo, vietando espressamente l’accesso al camposanto per motivi di sicurezza. «Gli anziani facevano visita ai loro cari e poi si fermavano a chiacchierare tra loro. Li ho visti con i miei occhi fare piccoli assembramenti e non potevo rischiare che si contagiassero a vicenda», spiega il sindaco Ivan Minella. L’ordine di sbarrare l’ingresso al cimitero scadrà il 3 maggio «ma non è escluso che debba prorogarlo», ammette a fatica.
A Santa Giustina ci sono ventinove contagiati e una cinquantina di persone in isolamento fiduciario. «Non sono senza cuore - assicura Minella - mi rendo conto che per molti è difficile stare lontano dai propri defunti. Anch’io ho degli affetti sepolti lì dentro». E visto che il destino a volte si diverte a creare intrecci crudeli, il sindaco e quel papà hanno una tomba in comune: quella di Alessio. «Era uno dei miei migliori amici. Da ragazzo andavo spesso a casa sua e gli volevo un mondo di bene. Figuriamoci se potrei voler infliggere altra sofferenza ai suoi genitori. Ma non ho scelta...».
Di certo, la decisione di trasformare i cimiteri in aree offlimits gli sta costando un sacco di grane. Daniele Tisot, infatti, non si è arreso.
«Sono andato in caserma - racconta l’uomo - e ho sporto denuncia ai carabinieri: ho il diritto di andare a trovare mio figlio. Un sindaco- sceriffo senza umanità non può impedire a me, a mia moglie e a tutti gli altri abitanti del paese di far visita ai nostri familiari scomparsi». Dopo la denuncia è stata la volta delle diffide firmate dagli avvocati di Tisot. E visto che Minella non fa marcia indietro, è scattato il ricorso al Tar nella convinzione che la chiusura del camposanto sia una misura «eccessiva e abnorme, oltre che illegittima per difetto di potere». Il primo round, però, l’ha vinto il sindaco: per i giudici non ha senso sospendere l’efficacia dell’ordinanza perché comunque decadrà presto (il 3 maggio o appena finirà l’emergenza) e quindi non si aggraverà poi molto il presunto danno subìto per la «preclusione all’esercizio del diritto di culto e accesso al sepolcro del figlio». Scartata quindi l’ipotesi di un provvedimento di urgenza, il Tar tornerà ad affrontare la questione il 22 maggio. Nel frattempo, però, gli altri abitanti di Santa Giustina continueranno a non poter mettere piede in cimitero.
Per Tisot e sua moglie è una ferita che non smette di sanguinare. Alessio è morto nell’estate del 2006. «La sera si è vestito bene - ricorda il padre - ed è uscito per andare a Feltre con due amici. Guidava lui. Al ritorno ha perso il controllo della macchina e non ce l’ha fatta. La vita è come un fiammifero: si spegne all’improvviso, basta un soffio...». Tisot racconta che per settimane lui e sua moglie non uscirono di casa. Poi un lungo viaggio, lontano dall’Italia. Al ritorno hanno creato una fondazione intitolata al ragazzo che finora ha distribuito centinaia di borse di studio. «È straziante sopravvivere al proprio figlio. Ma trascorrere un po’ di tempo accanto a lui, in cimitero, era un sollievo che ora non ho più...».
Il sindaco
Il figlio di quell’uomo era uno dei miei migliori amici Mi dispiace ma non ho scelta