Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I medici di famiglia: a noi pochi tamponi Infetto al Due Palazzi
Riaperture, niente deroghe alla mascherina
VENEZIA Alla vigilia della fase due, che dal 4 maggio prevede la riapertura di una serie di attività, il Veneto conta nuovi 334 contagiati, per un totale di 16.738, dei quali 9914 sono in isolamento domiciliare. Continuano ad aumentare anche i morti: ne risultano 1181, 27 in più rispetto a lunedì sera, dato che i numeri appena citati si riferiscono alla sola serata di martedì, quindi è difficile risalire al reale incremento giorno per giorno. Ma questo è il nuovo metodo di diffusione dei dati adottato dalla Regione, che segnala pure 25 ricoveri in meno (ne restano 1205) e ulteriori 14 degenti usciti dalle Terapie intensive, che ora ne accolgono 163. «Finora abbiamo curato 3600 pazienti Covid, oltre a 10mila malati ordinari — rivela il governatore Luca Zaia — in media escono dall’ospedale dopo tre o quattro settimane. Questi sono giorni cruciali in attesa delle riaperture del 4 maggio, ma già da 15 giorni per la strada è tornato il 50% di camion e auto di solito in viaggio. Eppure nel Veneto la curva del contagio continua a scendere, non ci sono state ricadute nemmeno dopo aver tolto l’obbligo di passeggiata entro 200 metri da casa. Ciò significa che i cittadini rispettano le regole — aggiunge Zaia — e dovremo continuare a farlo anche dopo il 4 maggio. In particolare, nessuna deroga nell’uso obbligatorio della mascherina, che andrà indossata da tutti, anche in strada. È una conditio sine qua non per non infettare se stessi e gli altri».
E proprio sulle mascherine, scoppia la protesta dei medici di famiglia. «La Regione ci ha distribuito i dispositivi di protezione individuali in quantità risibili — denuncia Domenico Crisarà, segretario della Fimmg, sigla di categoria — mediamente 3 mascherine chirurgiche, 5 paia di guanti, un sovracamice in tessuto non tessuto, a giorni alterni, per medico. Abbiamo dovuto accettare generose donazioni private e ancora oggi in alcune Usl il numero dei colleghi che hanno ricevuto il primo tampone non supera il 40%». La Regione verificherà.
Intanto esplode anche a Padova, dopo Verona, il problema del coronavirus in carcere. Al Due Palazzi è stato individuato il primo detenuto infetto: si tratta di un italiano che martedì sera ha tentato il suicidio ma è stato salvato dai poliziotti, rimediando alcune ferite. Portato al Pronto Soccorso, è stato trasferito in Psichiatria e sottoposto a tampone, che dopo qualche ora ha evidenziato la positività al Covid-19. L’uomo è asintomatico, nei giorni scorsi non ha mai lamentato i sintomi dell’infezione, cioè febbre, tosse o mancanza di olfatto, ma il caso preoccupa gli altri detenuti e la polizia penitenziaria. Stamattina saranno predisposti controlli e misure per arginare il rischio di diffusione del coronavirus al circondariale.
"Crisarà La Regione ci ha distribuito i dispositivi di protezione individuali in quantità risibili. E in alcune Usl è stato sottoposto a tampone solo il 40% dei medici di famiglia