Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Terroristi, pene confermate: usciranno a settembre

La sentenza della Cassazione. Haziraj e Bekaj hanno preso 4 anni, uno in più per l’ideologo Babaj

- A. Zo.

VENEZIA Le condanne sono state confermate al termine di un’udienza in Corte di Cassazione quasi surreale: di solito di fronte alla Suprema Corte si presentano decine di avvocati, ieri invece c’erano solo quelli di Arjan Babaj, Dake Haziraj e Fisnik Bekaj, i tre giovani kosovari accusati di progettare un attentato terroristi­co a Venezia. Ma per Haziraj e Bekaj, per i quali è stata confermata la condanna a 4 anni, in realtà è vicino anche il fine pena, che dovrebbe arrivare a settembre. I tre, insieme a un 17enne, che ha già scontato la pena definitiva a 3 anni e 4 mesi comminatag­li dal tribunale dei minorenni,

Il 30 marzo 2017 sono stati arrestati 4 kosovari che, secondo i pm, volevano fare un attentato a Venezia

● Arjan Babaj è stato condannato a 5 anni, Dake Haziraj e Fisnik Bekaj a 4 anni, un minore a 3 anni e 4 mesi . sono infatti stati arrestati il 31 marzo del 2017 e dunque sono in cella da tre anni e un mese: tolti gli sconti di pena per «buona condotta», tra cinque mesi per loro si dovrebbero aprire le porte del carcere.

Dovrà invece aspettare il 2021 Babaj, che era ritenuto l’ideologo del gruppo e per questo aveva avuto una pena più alta: 5 anni. L’accusa era quella di aver capitanato una cellula legata all’Isis e radicata in pieno centro storico, attorno alla quale ruotavano anche altri giovani della stessa nazionalit­à. A fare scalpore era stata una delle frasi intercetta­te da poliziotti e carabinier­i, coordinati all’epoca dai pm

Adelchi d’Ippolito e Francesca Crupi, in cui proprio il più giovane parlava di una bomba («bum bum») a Rialto, ma nelle lunghissim­e registrazi­oni erano emerso le visioni dei classici video dei combattent­i per la jihad, compresi quelli su come uccidere con il coltello. E poi c’erano dei soldi inviati in patria a un membro riconosciu­to dell’Isis, accompagna­ti anche da uno scambio di messaggi su Facebook – scoperti grazie all’«apertura» del profilo in collaboraz­ione con il Dipartimen­to di Giustizia degli Stati Uniti – che avevano accompagna­to i 2 mila euro inviati da Babaj e i 900 di Bekaj. «Il jihad non vuole solo uomini sul terreno, ma anche che aiutino finanziari­amente», era stato scritto.

Come nelle fasi precedenti, gli avvocati Vincenzo Platì (per Babaj), Alessandro Compagno e Patrizia Lionetti (per Haziraj) e Stefano Pietrobon (per Bekaj) hanno cercato di convincere i giudici che il reato non ci fosse: da un lato perché l’eventuale adesione all’associazio­ne terroristi­ca non avrebbe avuto alcuna conoscenza da parte dei vertici, dall’altro perché non c’era stata nessuna traccia di armi o piani. Ma i giudici hanno confermato le condanne.

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Sotto accusa I quattro giovani a passeggio per Venezia

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