Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Assunzioni dimezzate nell’industria, ecatombe nel turismo. Crescono solo le colf
VENEZIA Nelle otto settimane fra il 23 febbraio e il 19 aprile del 2019 in Veneto le assunzioni superarono i licenziamenti per 30 mila unità. Quest’anno, nello stesso periodo, il segno si è invertito e le posizioni perse sono state 20 mila. La differenza, in valore assoluto 50 mila posti in meno, è vistosissima, e corrisponde ad almeno il 2,5% dei lavoratori subordinati complessivi. Il calcolo è di Veneto Lavoro ed è contenuta nella ricerca pubblicata ieri che aggiorna gli effetti dell’emergenza Coronavirus relativi all’occupazione.
Lo stesso calcolo sui 12 mesi precedenti è altrettanto impietoso. A fine febbraio le posizioni guadagnate erano 20 mila, al 19 aprile quelle perse sono state stimate in 30 mila e anche qui il delta vale sempre 50 mila unità. Un’emorragia che colpisce tutti i settori, con picchi oltremisura nei servizi turistici.
Fatte salve le categorie classificate come lavoro domestico in cui si registrano 1.800 nuovi contratti contro gli 800 contati nelle stesse otto settimane dello scorso anno. E questo pare un fenomeno con una spiegazione più di forma che di sostanza. Non sarebbe nuovo personale, in pratica, ma del disvelamento fiscale di figure che prima lavoravano sottotraccia. «La necessità di documentare e giustificare gli spostamenti – è l’ipotesi degli esperti di Veneto Lavoro - potrebbe aver portato all’emersione di rapporti di lavoro finora svolti in modo irregolare. Lo stesso può essere accaduto per precostituire le condizioni per accedere al voucher alternativo al congedo parentale».
Si tratta di dati preoccupanti per l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, secondo cui «ogni giorno perso nella ripartenza incide sull’occupazione, sulla perdita di quote di mercato e genera tensioni sociali inimmaginabili. Stiamo provando, anche con l’aiuto delle parti sociali e in particolare dei datori di lavoro, a convincere il governo della necessità di superare l’assurda limitazione del codice Ateco, essendo l’unico tema da affrontare quello del rispetto o meno per l’azienda dei requisiti di sicurezza».
Uno sguardo alle dinamiche delle assunzioni e dei licenziamenti nei diversi settori, sempre confrontando le otto settimane fino al 23 aprile di quest’anno con le stesse del 2019, vedono una contrazione del saldo del 53% nell’industria, con nei fatti le assunzioni dimezzate dalle oltre 23 mila del 2019 alle poco più di 11 mila di quest’anno, del 70% nei servizi, da 72 mila a 21 mila, e del 25% in agricoltura, quest’ultimo caso relativamente ai soli rapporti a tempo indeterminato.
Il picco più profondo riguarda i servizi al turismo, che perde oltre 28 mila assunzioni rispetto alle oltre 32 mila dell’anno scorso. I contratti indeterminati scendono del 77%, da 4.505 a 1.106, e soprattutto crollano le assunzioni stagionali, dell’86%: le 28.511 dello scorso anno si riducono a 3.922. nei servizi al turismo, seguito da un -72% nel commercio e nell’area del tempo libero e, in ambito industriale, dal calzaturiero, con le assunzioni ridotte a un terzo, da 1.600 a poco più di 500, e le costruzioni, che da settemila assunzioni scende a poco piu di 2.600.
Lo studio si sofferma anche sulle caratteristiche anagrafiche dei lavoratori rilevando che risultano leggermente più penalizzate le donne sul versante delle assunzioni (un calo del 65% rispetto al 57% degli uomini) con una compensazione nella minor incidenza delle cessazioni ( rispettivamente 12% e 20%), e questo come effetto della variabile partecipazione delle diverse categorie nei lavori stagionali e nell’impiego con contratti temporanei.
E il quadro, comunque, sempre secondo le percezioni di Donazzan, non si rasserenerà. «Mi aspetto un peggioramento ulteriore dei dati – riconosce - in occasione della prossima rilevazione che sarà una fotografia puntuale del disastro occupazionale nel campo del turismo e dei servizi proprio perché questi settori dovrebbero registrare il numero più importante di assunzioni tra Pasqua e maggio».