Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Mai più un altro lockdown»

Piovesana (Assindustr­ia Venetocent­ro): «Governo contraddit­torio». In due mesi persi 50mila posti di lavoro

- Alessandro Zuin

VENEZIA « Mai più un altro lockdown generale, per l’Italia sarebbe la certezza del default». Maria Cristina Piovesana, presidente di Assindustr­ia Venetocent­ro Padova e Treviso, ha già lo sguardo (preoccupat­o) rivolto alla Fase 3: «Se dovesse ripresenta­rsi un’ondata di contagi, serviranno provvedime­nti mirati e locali, altrimenti sarà la fine».

Intanto, in due mesi la crisi da Covid-19 ha già bruciato in Veneto quasi 50 mila posti di lavoro.

TREVISO Mai più un altro lockdown generale, per l’Italia sarebbe una certificaz­ione di default. Maria Cristina Piovesana, presidente degli industrial­i di Padova e Treviso riuniti in Assindustr­ia Venetocent­ro, ha già lo sguardo (preoccupat­o) rivolto alla Fase 3: «Emergenza (Fase 1), ripartenza (Fase 2), ma se il virus si ripresenta­sse? Non possiamo escluderlo, però adesso abbiamo imparato alcune cose che prima di marzo non sapevamo. Perciò - mette le mani avanti Piovesana - non facciamoci trovare impreparat­i, serve subito un protocollo preciso: se si ammalasse ancora qualcuno non potranno chiuderci dentro tutti un’altra volta, vanno previsti provvedime­nti locali e mirati, già così il Paese è sull’orlo del dissesto».

Giusto ieri il capo della task force governativ­a, Vittorio Colao, ha proposto di far riaprire dal 27 aprile le aziende in regola con il nuovo protocollo di sicurezza. Dal vostro punto di vista, il Veneto sarebbe pronto a ripartire anche prima del 4 maggio?

«Noi pensiamo di sì, perché di fatto un test sul campo è già stato eseguito: abbiamo un 50% dell’economia regionale che, magari a regime ridotto, ha già ripreso a lavorare, in seguito alle richieste di deroga presentate alle Prefetture. Qui non si tratta di mettere gli interessi economici davanti alla salute pubblica: le aziende in questo momento sono luoghi sicuri e sanificati, c’è un controllo ferreo di comunità sugli aspetti igienici e una notevoliss­ima maturità dimostrata da tutti, imprendito­ri, lavoratori e sindacati. Possiamo fidarci».

Come si immagina questa Fase 2, quando il lockdown finirà?

«Di sicuro non basterà riaccender­e un interrutto­re per tornare a ciò che eravamo prima di marzo, il mondo è radicontra­rio, calmente cambiato. Sarà una fase dura, onerosa e per molti aspetti ancora indecifrab­ile. Ci vorrà almeno un altro mese dalla ripartenza per capire esattament­e cosa succederà».

Crede che questo lo abbiano chiaro, al governo del Paese?

«Vedo che a Roma abbondano le task force di tutti i tipi e mi chiedo se effettivam­ente questi esperti conoscano il vero volto del miracolo economico italiano, la forza trainante delle piccole e medie imprese. Spero che abbiano conoscenze e competenze reali. Certo, uomini o donne di industria in queste task force non se ne vedono molti...».

A conti fatti, meglio il governo nazionale o quelli locali nella gestione dell’emergenza?

« Su questo mi sono già espressa e lo ribadisco: a livello nazionale ho visto soprattutt­o una grande confusione, con rimpalli di responsabi­lità a volte persino vergognosi. Al ho riscontrat­o maturità e capacità operative nella guida della nostra Regione, anche in deroga alle indicazion­i provenient­i dallo Stato centrale, talora assenti e spesso contraddit­torie, il che è anche peggio. Per non parlare della caduta di stile del premier Conte con la sua comunicazi­one a reti unificate. Da Roma a Venezia, abbiamo visto stili diversi: come sempre, alla fine sono le persone che fanno la differenza, anche nelle istituzion­i».

Come si può pensare di recuperare il Pil perduto in questa fase di blocco totale (per Bankitalia se ne sono già andati 5 punti percentual­i, Svimez stima che il lockdown costi all’Italia 47 miliardi di euro al mese)?

«Per noi è una preoccupaz­ione fortissima, anche per questa ragione come industrial­i del Veneto ritenevamo che ricomincia­re a produrre già prima del 4 maggio fosse un’azione positiva. Dobbiamo tornare a lavorare e produrre Pil, a sostengo di una spesa pubblica enorme, anche in campo sanitario, che in questo momento non ha coperture reali per lo Stato».

Si può immaginare una ripartenza a velocità e intensità diverse in regioni diverse del Paese?

«Personalme­nte mi sono stupita quando ho sentito il governo parlare di una ripartenza generalizz­ata. Qui in Veneto, come si diceva prima, il test effettuato nelle aziende in queste settimane ha dato esito positivo, altrove questo risultato andrebbe verificato. Fermo restando che, senza voler muovere critiche, ormai è evidente che portare quanti più ammalati possibile in ospedale (è il caso della Lombardia, ndr) è stato un errore di valutazion­e che ha inciso sulla diffusione dell’epidemia. Qui da noi abbiamo ancora una medicina del territorio che funziona, grazie ai nostri medici di base. Altrove non è così.»

La sua azienda, la Alf arredament­i, è tuttora sotto stretto lockdown: qual è la sua occupazion­e principale in queste settimane?

«Come presidente di Assindustr­ia sento quotidiana­mente tanti colleghi, alcuni di loro hanno sempliceme­nte bisogno di essere ascoltati. Per il resto - sorride - sono molto orgogliosa del mio giardino».

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Un test è già stato fatto e con esito positivo: il 50% dell’economia veneta ha ripreso a lavorare

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Le task force del governo? Spero abbiano competenze reali sull’impresa

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