Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«La Boccardi» Storia della decana del giornalismo
In «La Boccardi», Vanzan intervista la decana delle giornaliste di moda
Dolce & Gabbana? «Terribilmente volgari » . Naomi Campbe l l ? «Maleducata». Chiara Ferragni? «Non mi suscita alcuna curiosità». Claudia Schiffer? «Un ragioniere». La grande Vivien Leigh, indimenticabile Rossella O’Hara? «Whisky a go-go». Ma chi può permettersi di essere così tranchant con icone del costume, del cinema e della moda di ieri e di oggi? Pochi, pochissimi nel giornalismo di casa nostra hanno questa forza derivata dai tanti anni macinati nella professione e da quel senso di incoscienza che solo l’età matura può dare. Luciana Boccardi, venezianissima, decana delle giornaliste di costume e critica di moda del Gazzettino, cresciuta al motto «mai paura di niente», è certamente una di questi.
Fieramente autodidatta - «adesso mi pare si usi più studiare e aspettare un lavoro, allora si usava lavorare» - Luciana Boccardi inizia a lavorare a 12 anni come «aiutino» da un grossista di spazzole, impara a battere a macchina come una «mitraglietta ritmata» e grazie a questa abilità approda alla Biennale negli anni in cui potevi assistere a un Titus Andronicus interpretato da Lawrence Olivier e la Leigh. Da Ca’ Giustinian fa una puntata all’Unesco a Parigi, dirige un paio di «femminili», vince un premio letterario ricevuto dalle mani di George Simenon e infine arriva al Gazzettino spinta alla moda dal direttore Giuseppe Longo. Erano gli anni Sessanta. La sua epopea - moderna e irripetibile - è raccontata in un libro - La Boccardi - pubblicato a marzo dalla casa editrice veneziana Supernova e scritto da Alda Vanzan, firma di politica e costume del Gazzettino che per nove mesi, ogni lunedì, ha ascoltato confessioni (e qualche ritrattazione) di Boccardi.
Ma perché raccontare oggi le gesta di una giornalista di moda? «Perché è lo spaccato di una Venezia e di tempi che non ci sono più - spiega Vanzan -. La sua è una storia unica: aveva la quinta elementare, frequentò l’avviamento, per imparare qualcosa copiava per intero il Gazzettino. Evidentemente aveva una predisposizione per questo mestiere. La sua vita insegna che se hai voglia di riuscire devi sudare, ma ce la puoi fare. Certamente i tempi allora erano diversi, quello che conta però è la determinazione. Seguire Luciana Boccardi vuol dire ascoltare un’altra storia femminile, scoprire come è cambiata la moda in questi anni: una volta alle sfilate si andava per toccare le stoffe, ora ci si va per vedere i modelli col teschio sotto il braccio come da Gucci. E poi lei parla di una Venezia prima della grande acqua alta del ‘66, senza le orde di turisti che hanno arricchito la città ma l’hanno cambiata».
Sulla Venezia di ieri e quella di oggi (pre emergenza sanitaria), la giornalista non fa sconti: «L’atea Boccardi - scrive Vanzan nel libro - ha un credo, una sua “trinità”: l’onestà, l’intelligenza, Venezia. “Quella d’acqua, quella vera”, precisa. “Gli abitanti di Venezia sono i bancomat di chi sfrutta la Città”».
Il suo amore viscerale per Venezia, l’ha portata, negli anni, a non smettere di essere una sostenitrice della separazione tra Venezia e Mestre in tutti e cinque i referendum, dal primo del ‘79 all’ultimo dello scorso anno. Quarant’anni di lotte finite con la sconfitta del 2019: «Al quinto referendum - scrive Boccardi in una mail riportata nel libro - ha vinto la viltà, l’assenza dalle urne, il comodo rifugio del mi no ghe entro, mi no gh’ho gnanca votà, l’astensionismo sul quale contavano i poteri forti».
Nelle 128 pagine del libro ci sono le sue lotte, un carattere non facile, la caparbietà e la voglia d’arrivare, ma ci sono sicuramente anche i contorni di un viaggio professionale di quelli che non si compiono più. Quanti di noi, a fine carriera, potranno dire d’aver trascorso un’intera giornata a tu per tu con Ingrid Bergman come accadde a Boccardi nell’incanto delle «viola colline» di Asolo? Quanti di aver attraversato il Canal Grande in motoscafo con Olivier e la Leigh (che chiedeva insistentemente del whisky in camerino)? Arrendiamoci.