Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

L’eredità di Rigo a 6 mesi dalla morte «La paura è l’unica cosa da temere»

- Sergio Camerino

Quando lo incontrai per l’ultima volta, Mario Rigo stava per compiere novant’anni. La sua andatura si era fatta più incerta (così almeno mi parve) ma il sorriso era sempre disarmante e lo sguardo, anch’esso sorridente, era quello di sempre.

Mentre lo ascoltavo infervorar­si su Venezia e i suoi problemi, mi venne in mente il protagonis­ta di un vecchio film di Frank Capra (Mr Smith va a Washington), dove un James Stewart ai suoi esordi, in guerra con una consorteri­a di politicant­i inetti, pronuncia una frase che sarebbe divenuta la quintessen­za del pensiero del New Deal roosveltia­no: «Le sole cause per le quali vale la pena di battersi sono le cause perse». Solo che, nella storia della politica italiana degli ultimi 50 anni salvo eccezioni, nessuna causa può dirsi persa o vinta né in partenza né in arrivo, perché i conflitti hanno contorni così liquidi ed evanescent­i da non consentire un giudizio finale. Nel paese delle decisioni non prese e della mancata attuazione delle decisioni prese, tutto rimane eternament­e pendente e sospeso. Anche i giudizi. Tant’è vero, per fare un esempio, che il giudizio su Craxi a De Michelis, avversari stori-ci di Rigo, è tutt’ora controvers­o. Anche le sue iniziative locali erano rimaste avvolte in un cono di nebbia: come la rinascita del Carnevale, che rientrava nel più vasto problema che lo assillava: la scomparsa del tessuto sociale della città, fatto a pezzi dal turismo di massa. Tuttavia, Rigo non si curava troppo dei profeti di sventura. Ricordava che nella sua storia millenaria, Venezia aveva superato crisi di ogni genere e che anche il tessuto socioecono­mico della città era divenuto logoro nell’Ottocento, sotto il dominio austriaco. Rimane il fatto che il problema di Venezia era divenuto l’ossessione dei suoi ultimi anni di vita. Ad esso dedicava ogni suo pensiero. Nei momenti di stanchezza si rifugiava talvolta nella massima, anch’essa roosveltia­na: «L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura». Ed è questa, in fondo, l’eredità che ci ha lasciato.

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