Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I NUOVI RITI DELLE ASSEMBLEE
Uno degli effetti collaterali delle misure anti Covid-19 è la soppressione dei rituali delle assemblee delle società per l’approvazione dei bilanci 2019.
La normativa d’emergenza volta a evitare assembramenti impone che tali assemblee si svolgano a porte chiuse.
L’intervento degli azionisti è possibile solo mediante delega a un unico «Rappresentante Designato». È loro preclusa la partecipazione sia fisica sia virtuale.
Il Rappresentante Designato è quindi l’unica voce legittimata a intervenire e normalmente in apertura dichiara di attenersi alle istruzioni di voto ricevute, cristallizzando così le posizioni espresse dagli azionisti al momento del conferimento delle deleghe. Il che toglie un ruolo alla discussione assembleare che infatti, come si legge nelle cronache assembleari, non ha luogo.
In questo modo si toglie il palcoscenico a quei personaggi un po’ pittoreschi che intervenivano nelle assemblee, a volte ponendo domande scomode agli amministratori, altre volte cercando solo una visibilità personale.
Viene meno anche l’audience per i così detti «fondi attivisti» che, quando non hanno fini speculativi, si propongono di rendere più trasparente la governance e di stimolare strategie più efficaci.
Il progressivo svuotamento dei momenti di partecipazione e di decisione collettiva è un fenomeno che viene da lontano e riguarda anche altre realtà. Le misure di distanziamento sociale lo hanno reso più evidente.
Credo nessuno abbia nostalgia delle oceaniche assemblee delle Banche Popolari, quelle venete, per esempio. La legge e le autorità di controllo cercano di rinforzare la tutela delle minoranze nei riguardi delle maggioranze e soprattutto del management. L’obiettivo è rimontare le asimmetrie di informazioni, competenze e potere imponendo maggiore trasparenza e condivisione sulle tematiche non solo finanziarie e sulle retribuzioni del top management.
Queste asimmetrie erano chiarissime a chi un tempo teorizzò che le azioni non si contano ma si pesano, aprendo così la strada alla normativa sulle azioni a voto plurimo o maggiorato che concretizzano appunto la «ponderazione». Si noti per inciso che la nostra legislazione sul tema non è allineata a quella di alcuni Paesi competitori che, per questa ragione, più che per motivi fiscali, invogliano certe società a stabilirvi la loro sede.
Da diritto astratto e formale di intervenire nelle decisioni strategiche, la proprietà azionaria si trasforma in capacità sostanziale, economicamente rilevante, solo attraverso concentrazioni di potere. Il gruppo di controllo deve poi confrontarsi con il management che opera direttamente sugli asset societari e presidia i processi aziendali di cui ha il possesso.
Poiché proprietà giuridica, proprietà economica e possesso sono i tre piani di azione della governance, che tipo di democrazia è effettivamente esercitabile nell’assemblea degli azionisti?
L’alternativa tra una democrazia referendaria (sì o no) e una deliberativa (si parla, si ascolta e si decide) rischia di essere un po’ astratta. Si sono ormai affermati i «proxy advisor», professionisti che assistono gli investitori istituzionali nell’esercizio dei loro poteri in assemblea cercando anche d’influenzare gli amministratori tra un’assemblea e l’altra. La voce di questi advisor è ascoltata con attenzione dai vertici societari che così hanno il polso della situazione e cercano di evitarsi sorprese in assemblea e in Borsa.
È ormai chiaro che l’interazione tra amministratori e azionisti si sviluppa fuori dell’assemblea il cui depotenziamento è iniziato ben prima della normativa di emergenza, alla quale sopravviverà. Questo spiega perché queste strane assemblee senza azionisti con un rappresentante unico che vota per tutti si svolgano senza particolari reazioni.
Fenomeni analoghi potrebbero investire nel post pandemia altri riti collettivi.
"Variati
La data del 20 settembre rispetta le indicazioni del Comitato scientifico ma con le Regioni stiamo ancora dialogando