Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Casa del sesso con la fila nonostante il lockdown
Denuncia dei vicini, blitz dell’Arma: arrestata la maitresse cinese
MESTRE Una persona, poi un’altra, poi altre due. Ogni giorno, tutto il giorno. E tutta la notte, anche in tempo di quarantena e lockdown. Un viavai continuo e insolito, che alla fine ha spazientito i vicini e li ha convinti a chiamare i carabinieri. I militari hanno fatto scattare le dovute verifiche, a distanza, già lo scorso novembre; l’indagine è proseguita per sette mesi e lunedì, in un ultimo blitz, gli uomini dell’Arma hanno fatto irruzione nell’appartamento sospetto, portando alla luce un giro di sfruttamento e prostituzione che aveva trasformato quella casa nel centro di Mestre in un bordello clandestino, gestito da clandestini.
I carabinieri, prima di bussare alla porta, sapevano già che cosa avrebbero trovato: da settimane scandagliavano pagine web, social network e chat varie raccogliendo annunci che offrivano rapporti sessuali con ragazze giovani: proposte esplicite, con tanto di numero telefonico da contattare per l’appuntamento. Con una chiamata era anche possibile anticipare richieste particolari e il listino della moderna casa di tolleranza era ricco e variegato, con prestazioni da 50 a 500 euro, in una rosa di possibilità pubblicizzata «per tutte le tasche». Proprio l’utenza telefonica ha permesso ai militari di individuare l’appartamento di via Felisati al centro di tutto: in due stanze, diverse ragazze di origini cinesi – tutte irregolari in Italia – erano costrette da una «maitresse» 35enne, anche lei cinese e irregolare, ora in arresto, a soddisfare ogni voglia dei clienti che si presentavano alla porta; in cambio ottenevano una sistemazione e pochi spiccioli.
Le ragazze non stavano nell’appartamento incriminato, ma venivano chiamate e preparate per tempo. I militari sono convinti che il giro riguardi molte altre giovani straniere e stanno ancora lavorando per rintracciarle tutte. Lunedì, quando gli uomini dell’Arma hanno fatto scattare la perquisizione, all’interno ce n’erano solo una manciata – due di loro, in una stanza, erano impegnate insieme con un cliente – e sono anche stati trovati ottomila euro in contanti, evidente incasso di un weekend «lavorativo».
D’altronde se già durante la quarantena si contavano anche 25 appuntamenti al giorno, con l’apertura il giro di affari si è ulteriormente allargato. La 35enne responsabile del meccanismo è finita in manette, mentre il suo aiutante, un 42enne sempre di origini cinesi ma regolare in Italia, è stato denunciato a piede libero. Ora i carabinieri continueranno a lavorare per individuare e aiutare ogni altra ragazza sfruttata dal gruppo.