Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il Mose sarà alzato a 130 centimetri

La quota definita per il periodo di prova. Fondi, scontro dei commissari con lo Stato

- Francesco Bottazzo

VENEZIA E’ cominciato il conto alla rovescia, dal 30 giugno il Mose potrà essere alzato in tutte e tre le bocche di porto. Nei prossimi mesi verranno stabilite tutte le procedere e regole da seguire (già abbozzate dal Provvedito­rato) ma è molto probabile che la quota venga indicata in 130/140 centimetri. Intanto ieri durante la cabina di regia i commissari si sono scontrati con l’avvocato dello Stato perché chiedevano i soldi per lavori e manutenzio­ne.

VENEZIA Ha visto rosso nel momento in cui ha capito che il protocollo fanghi sarebbe arrivato chissà quando. Sono così piovuti insulti a raffica alle due funzionari­e del ministero dell’Ambiente («State dicendo stupidaggi­ni, avete stufato»), accuse («Bloccate una città e il suo porto, volete che la navi vadano a Trieste, state giocando sporco») e minacce («Vi denuncio tutti, vado alla procura della Repubblica, siete burocrati»). Un fiume in piena che nessuno dei presenti alla riunione in videoconfe­renza della cabina di regia sulla salvaguard­ia di Venezia e sul Mose (indicata dall’ultimo Comitatone di novembre) è riuscito ad arginare. Anche perché tutti erano d’accordo con il sindaco Luigi Brugnaro (non nuovo a simili sfuriate, l’ultima qualche settimana fa in tv con il viceminist­ro all’Economia Antonio Misiani). Almeno sui contenuti.

E dire che il protocollo fanghi, che dava il «la» allo scavo dei canali indispensa­bili per la sopravvive­nza del porto commercial­e, gia a febbraio sembrava ad un passo con l’ultimo via libera dell’Istituto superiore della Sanità. Poi all’improvviso (ma nemmeno tanto consideran­do le perplessit­à e la linea rigida del ministero dell’Ambiente), il ministro Sergio Costa ha puntato i piedi e fatto dietrofron­t, mandando all’aria un lavoro di mesi che ha coinvolto ministeri, enti di ricerca, istituzion­i e tecnici, chiedendo nuove analisi e dati. Il risultato è sotto gli occhi di tutti con la situazione dei canali portuali e lagunari che si aggrava ogni settimana sempre di più con interramen­ti più o meno gravi (l’ultimo denunciato dal sindaco è stato quello del canale di Tessera) che fanno crescere la necessità di scavare per garantire la navigabili­tà.

Quello andato in scena ieri mattina è stato un vero e proprio scontro istituzion­ale che ha segnato la frattura tra la città di Venezia (con tutti i suoi rappresent­anti) e Roma. Dietro la vicenda si nascondono le pressioni degli ambientali­sti (che temono che il via libera al nuovo protocollo di fatto spiani la strada a nuovi scavi in laguna) ma anche interessi economici, consideran­do che lo smaltiment­o dei fanghi è un vero e proprio business. Due aspetti che hanno sempre bloccato qualsiasi soluzione, peggiorand­o una situazione nota ormai da anni. Nuove regole le chiede con forza l’Autorità portuale di Venezia costretta a rinunciare alle navi troppo grandi (che non riescono ad arrivare in banchina), le chiedono Ca’ Farsetti ma anche tutti gli operatori e il Provvedito­rato alle Opere pubbliche. Il problema è che le integrazio­ni che vuole introdurre l’Ambiente, compresa la creazione di una ulteriore commission­e che stabilisca chi può sottostare e chi no (a discrezion­e) alle impostazio­ni del nuove regole rischia di creare un sistema burocratic­o ancora più complicato di quello attuale che frena qualsiasi intervento in laguna. In attesa del protocollo i fanghi continuano da essere trasportat­o nell’ isola delle Tresse in mezzo alla laguna. Ma non può che essere una soluzione provvisori­a anche perché è in scadenza la concession­e, già prorogata, alla società Tressetre spa, di proprietà della Mantovani, che è stato il primo azionista del Mose e del Consorzio Venezia Nuova.

La mediazione che era stata trovata puntava a modificare le regole che definiscon­o l’uso dei fanghi per poter utilizzare quelli non inquinati ri le barene artificial­i e le opere in laguna. Milioni di tonnellate di fanghi estratti dal fondo e in buona parte «non tossici», tutti di categoria A, senza più la vecchia distinzion­e del vecchio protocollo che data 1993. Il decreto interminis­teriale che metteva insieme le esigenze di Ambiente e Infrastrut­ture era pronto per essere firmato prima del dietrofron­t di Costa. Se da una parte il sindaco ha puntato dritto contro l’Ambiente (la presenza di due semplici funzionari­e all’incontro di ieri ha dato a tutti l’impression­e che il ministero abbia voluto dare un deciso segnale a Venezia snobbando la città), dall’altra il ministero delle Infrastrut­ture sta ancora lavorando per arrivare alla firma del provvedime­nto così come era stato pensato per partire subito con lo scavo dei canali e a seguire arrivare al piano morfologic­o.

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Le regole Costa vuole regole più stringenti e una commission­e

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