Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il Mose sarà alzato a 130 centimetri
La quota definita per il periodo di prova. Fondi, scontro dei commissari con lo Stato
VENEZIA E’ cominciato il conto alla rovescia, dal 30 giugno il Mose potrà essere alzato in tutte e tre le bocche di porto. Nei prossimi mesi verranno stabilite tutte le procedere e regole da seguire (già abbozzate dal Provveditorato) ma è molto probabile che la quota venga indicata in 130/140 centimetri. Intanto ieri durante la cabina di regia i commissari si sono scontrati con l’avvocato dello Stato perché chiedevano i soldi per lavori e manutenzione.
VENEZIA Ha visto rosso nel momento in cui ha capito che il protocollo fanghi sarebbe arrivato chissà quando. Sono così piovuti insulti a raffica alle due funzionarie del ministero dell’Ambiente («State dicendo stupidaggini, avete stufato»), accuse («Bloccate una città e il suo porto, volete che la navi vadano a Trieste, state giocando sporco») e minacce («Vi denuncio tutti, vado alla procura della Repubblica, siete burocrati»). Un fiume in piena che nessuno dei presenti alla riunione in videoconferenza della cabina di regia sulla salvaguardia di Venezia e sul Mose (indicata dall’ultimo Comitatone di novembre) è riuscito ad arginare. Anche perché tutti erano d’accordo con il sindaco Luigi Brugnaro (non nuovo a simili sfuriate, l’ultima qualche settimana fa in tv con il viceministro all’Economia Antonio Misiani). Almeno sui contenuti.
E dire che il protocollo fanghi, che dava il «la» allo scavo dei canali indispensabili per la sopravvivenza del porto commerciale, gia a febbraio sembrava ad un passo con l’ultimo via libera dell’Istituto superiore della Sanità. Poi all’improvviso (ma nemmeno tanto considerando le perplessità e la linea rigida del ministero dell’Ambiente), il ministro Sergio Costa ha puntato i piedi e fatto dietrofront, mandando all’aria un lavoro di mesi che ha coinvolto ministeri, enti di ricerca, istituzioni e tecnici, chiedendo nuove analisi e dati. Il risultato è sotto gli occhi di tutti con la situazione dei canali portuali e lagunari che si aggrava ogni settimana sempre di più con interramenti più o meno gravi (l’ultimo denunciato dal sindaco è stato quello del canale di Tessera) che fanno crescere la necessità di scavare per garantire la navigabilità.
Quello andato in scena ieri mattina è stato un vero e proprio scontro istituzionale che ha segnato la frattura tra la città di Venezia (con tutti i suoi rappresentanti) e Roma. Dietro la vicenda si nascondono le pressioni degli ambientalisti (che temono che il via libera al nuovo protocollo di fatto spiani la strada a nuovi scavi in laguna) ma anche interessi economici, considerando che lo smaltimento dei fanghi è un vero e proprio business. Due aspetti che hanno sempre bloccato qualsiasi soluzione, peggiorando una situazione nota ormai da anni. Nuove regole le chiede con forza l’Autorità portuale di Venezia costretta a rinunciare alle navi troppo grandi (che non riescono ad arrivare in banchina), le chiedono Ca’ Farsetti ma anche tutti gli operatori e il Provveditorato alle Opere pubbliche. Il problema è che le integrazioni che vuole introdurre l’Ambiente, compresa la creazione di una ulteriore commissione che stabilisca chi può sottostare e chi no (a discrezione) alle impostazioni del nuove regole rischia di creare un sistema burocratico ancora più complicato di quello attuale che frena qualsiasi intervento in laguna. In attesa del protocollo i fanghi continuano da essere trasportato nell’ isola delle Tresse in mezzo alla laguna. Ma non può che essere una soluzione provvisoria anche perché è in scadenza la concessione, già prorogata, alla società Tressetre spa, di proprietà della Mantovani, che è stato il primo azionista del Mose e del Consorzio Venezia Nuova.
La mediazione che era stata trovata puntava a modificare le regole che definiscono l’uso dei fanghi per poter utilizzare quelli non inquinati ri le barene artificiali e le opere in laguna. Milioni di tonnellate di fanghi estratti dal fondo e in buona parte «non tossici», tutti di categoria A, senza più la vecchia distinzione del vecchio protocollo che data 1993. Il decreto interministeriale che metteva insieme le esigenze di Ambiente e Infrastrutture era pronto per essere firmato prima del dietrofront di Costa. Se da una parte il sindaco ha puntato dritto contro l’Ambiente (la presenza di due semplici funzionarie all’incontro di ieri ha dato a tutti l’impressione che il ministero abbia voluto dare un deciso segnale a Venezia snobbando la città), dall’altra il ministero delle Infrastrutture sta ancora lavorando per arrivare alla firma del provvedimento così come era stato pensato per partire subito con lo scavo dei canali e a seguire arrivare al piano morfologico.