Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mascherine e tappeto personale E in moschea ci si misura la febbre
MESTRE In coda a un metro di distanza, sottobraccio il tappeto portato da casa, i musulmani della comunità di Venezia, ieri, sotto le mascherine avevano il sorriso. Per la prima volta da quando la serrata generale ha fatto chiudere i battenti dei luoghi di culto, oltre 200 di loro hanno potuto partecipare alla preghiera del venerdì nella moschea della Misericordia a Marghera. Sono venuti da tutta la provincia. Due ragazzi di San Donà di Piave erano emozionati: «Siamo rinati. Da due mesi preghiamo a casa – hanno spiegato - da noi la moschea si sta ancora organizzando con turni e sanificante». A Marghera invece tutto era pronto per accogliere in sicurezza i fedeli. Il gel igienizzante, le mascherine da distribuire a chi non l’avesse e i sacchetti di plastica in cui riporre le scarpe prima di entrare. Addirittura, la misurazione della temperatura all’ingresso. Entrata e uscita a senso unico, volontari lungo il percorso, cartelli, ricordano di mantenere la distanza sociale tra i fedeli. Chiusi i bagni: obbligatorio fare a casa le abluzioni prima della preghiera. Qualcuno ha protestato ed è stato mandato a casa. Per terra niente tappeto, i posti per inginocchiarsi a pregare in direzione della Mecca segnati da rettangoli rossi, sul nudo cemento, come tanti piccoli parcheggi distanti un metro abbondante l’uno dall’altro. Centottanta in totale. Un volontario indicava dove mettersi. «Di solito accogliamo settecento persone – spiega il presidente dell’associazione, Sadmir Aliovski – ma per rispettare le regole per la