Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La fragile Atene
La decisione della Grecia di porre dei vincoli all’Italia nella parziale riapertura al turismo internazionale il prossimo 15 giugno, ha sollevato una quantità di polemiche che francamente..
La decisione della Grecia di porre dei vincoli all’Italia nella parziale riapertura al turismo internazionale il prossimo 15 giugno, ha sollevato una quantità di polemiche che francamente stupiscono.
Il timore di essere considerati «untori» ha offuscato la mente di governanti e cittadini e fatto dimenticare di considerare la situazione (anche) secondo il punto di vista di Atene. Hanno pesato la frustrazione di non poter andare in vacanza in Egeo almeno fino al 1 luglio, se non con pesanti restrizioni (per chi proviene da Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna sono previsti dai 7 ai 14 giorni di quarantena), e soprattutto l’onta di essere considerati potenziali portatori di malattia.
La Grecia per prima avrebbe voluto riaprire le porte anche agli italiani. Perché siamo due popoli fortemente legati, perché sa che noi non riusciamo a fare a meno di quel mare e di quei profumi, perché «la Grecia siamo tutti noi».
E perché ha bisogno di tutto il maggior turismo possibile per evitare il baratro di una nuova crisi economica. Decidendo di accogliere i turisti italiani, senza vincoli solo in un secondo momento, Atene ha scelto di restare fedele alla linea di rigore, attenzione e pazienza che tiene dallo scorso marzo.
Con 175 decessi, 2.917 casi confermati e 1.374 guariti, su una popolazione di 11 milioni di abitanti, il paese è riuscito ad arginare la pandemia fin dai primi giorni. Il primo caso di Covid-19 in Grecia è stato registrato il 26 febbraio. Lo stesso giorno sono stati cancellati gli eventi programmati per il carnevale e vietati i viaggi d’istruzione all’estero.
E il 10 marzo, quando il numero di casi è salito a 89, e non c’era ancora nessun morto, Atene ha cominciato a chiudere: scuole, bar, chiese, ristoranti, hotel, attività. Non ha attraversato alcuna fase di «negazione» della pandemia imparando in fretta la lezione dell’Italia. E oggi l’indice di contagio del Paese, il RO, è 0,27, inferiore alla media europea che arriva a 0,45. La Grecia ha agito con umiltà, sebbene abbia un disperato bisogno di lavorare e produrre dopo un decennio di crisi non immaginabile che ha forgiato la resilienza dei suoi abitanti.
L’umiltà ha salvato la Grecia perché l’ha resa consapevole dell’estrema fragilità del suo sistema sanitario, fiaccato e decimato dalla crisi, con poco meno di 600 posti di terapia intensiva negli ospedali, e nelle isole – dove si concentrano i turisti - solo piccoli ambulatori che non sarebbero in grado di arginare il virus. Non si poteva rischiare. Bisognava chiudere. E riaprire con molta prudenza. Declinando scelte e priorità: prima le scuole, poi negozi, bar e ristoranti e ancora dopo le strutture ricettive. Infine il turismo. Con la speranza di portare avanti la stagione fino a tutto ottobre. La pandemia oggi rischia di vanificare gli sforzi e i sacrifici compiuti da questa meravigliosa terra per ricominciare e guardare al futuro con più speranza. Come dice Luca Zaia (e Crozza), «ragionateci sopra».