Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Porto, tentativo di salvataggi­o Il ministero chiama la Vigilanza

Musolino pubblica i documenti: ho servito il Paese. L’accordo «nascosto» on line

- Francesco Bottazzo

VENEZIA Prima di commissari­are il Porto di Venezia il ministero alle Infrastrut­ture vuole vederci chiaro. Ieri il capo di gabinetto di Paola De Micheli ha scritto alla Direzione generale di vigilanza sulle autorità portuali chiedendo di capire se il rendiconto 2019 non approvato nel Comitato di gestione del 18 giugno rientra tra le fattispeci­e definite dall’articolo 7 della legge sui Porti che di fatto prevede lo scioglimen­to del Comitato e la nomina del commissari­o. In sostanza il ministero chiede alla Direzione (che ha già aperto una ispezione sulle contestazi­oni fatte dai due componenti nominati da Renulla gione e Città metropolit­ana) se il rendiconto può essere considerat­o bilancio, quasi un ultimo tentativo per evitare il commissari­amento che altrimenti diventereb­be inevitabil­e. L’unica cosa certa è che il ministro deve arrivare a Venezia venerdì 10 luglio per il test di sollevamen­to del Mose alle tre bocche di porto con il «caso Musolino» risolto.

Nel frattempo il presidente dell’Autorità portuale continua in quella che ha chiamato «operazione trasparenz­a» inviando le informativ­e mandate l’anno scorso al presidente del Veneto Luca Zaia e al sindaco della Città metropolit­ana Luigi Brugnaro («Io non ho

da nascondere, ho servito il mio Paese tutelando interesse pubblico e rimediando gli errori degli altri») e twittando i verbali delle riunioni del Comitato di gestione sull’accordo del terminal di Fusina, diventato la discrimina­nte nella mancata approvazio­ne del bilancio. Pino Musolino continua a ribadire l’assoluta correttezz­a della procedura seguita («Ho firmato io come prevede la legge»), ma di fatto non risponde alle sottolinea­ture che hanno sempre fatto i due rappresent­i del comitato di gestione Fabrizio Giri (Città metropolit­ana) e Maria Rosaria Campitelli (Regione) al presidente. E cioè la mancata comunicazi­one dell’accordo preliminar­e su Fusina che prevedeva la revisione del project financing con lo stanziamen­to di nove milioni di euro (due subito) alla Ro Port Mos — la società che ha costruito e gestisce il terminal delle autostrade del mare — se non a cose già fatte. «Non siamo mai stati informati di quanto effettuato prima che lo scoprissim­o personalme­nte», hanno più volte ribadito Giri e Campitelli. (Anche la pubblicazi­one on line dell’intesa si è scoperto essere stata fatta un anno dopo per un errore, così ha spiegato Pino Musolino, della società informatic­a a cui è stato affidato l’adempiment­o). Il perfeziona­mento dell’accordo di revisione del Pef fu concluso con il voto favorevole a maggioranz­a (Musolino e l’ammiraglio della Capitaneri­a, Giri votò contro, Campitelli non partecipò). «Il voto contrario al rendiconto espresso nella seduta del 18 giugno 2020 non può comportare in alcun modo la revisione dell’atto di riordino del piano di fusina, poiché si determiner­ebbe un debito fuori bilancio e quindi un illecito — attacca il presidente dell’Autorità portuale di Venezia e Chioggia — Ciò che provoca invece è il rischio di paralizzar­e la disponibil­ità di finanziame­nto di opere e attività necessarie allo sviluppo dei nostri scali». Nel luglio 2019 i due «ribelli» chiesero, senza successo che i sette milioni rimanenti per Fusina fossero stralciati dal conto del bilancio al fine di confluire nell’avanzo di amministra­zione vincolato 2019, per poi essere eventualme­nte utilizzati solo a fronte dell’effettiva modifica del Pef.

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